Il 1° gennaio 2026 segnerà un cambio significativo per le organizzazioni non governative operanti nella Striscia di Gaza, con un divieto imposto a 37 di esse. La decisione da parte di Israele è stata motivata dal rifiuto di queste ong di fornire l’elenco dei loro dipendenti palestinesi, un requisito stabilito da un nuovo regolamento. Gilad Zwick, portavoce del ministero israeliano delle questioni per la diaspora, ha sottolineato che le ong dovranno attenersi rigorosamente ai criteri richiesti. In un’intervista all’agenzia AFP, Zwick ha chiarito che non saranno tollerati tentativi di eludere tali obblighi.
Hamas denuncia un comportamento criminale
Hamas ha reagito con fermezza all’introduzione di queste nuove regole, definendole “un comportamento criminale“. Secondo l’organizzazione, questa mossa si inserisce in un quadro più ampio di tentativi da parte delle autorità israeliane di politicizzare l’azione umanitaria, utilizzandola come strumento di pressione contro il popolo palestinese. Hamas ha esortato la comunità internazionale a intervenire con urgenza per condannare tale comportamento, evidenziando la gravità della situazione per la popolazione locale.
Le accuse di Amnesty: escalation di genocidio
Amnesty International ha espresso forte preoccupazione riguardo alla decisione del governo israeliano di revocare i permessi alle ong, tra cui Medici Senza Frontiere e Oxfam. Erika Guevara Rosas, Alta direttrice delle campagne e delle ricerche di Amnesty, ha dichiarato che questa azione non rappresenta solo un oltraggio, ma costituisce anche una deliberata escalation di genocidio contro i palestinesi. Guevara Rosas ha sottolineato che impedire l’accesso agli aiuti umanitari in un contesto di crisi, caratterizzato da fame e malattie, è una chiara violazione del diritto internazionale.
Inoltre, ha messo in evidenza l’approvazione da parte della Knesset di una nuova legge contro l’UNRWA, che conferisce alle autorità israeliane la possibilità di interrompere i servizi essenziali per i rifugiati palestinesi. Questa legge, secondo Amnesty, rappresenta un attacco diretto ai diritti umani e un tentativo di smantellare i servizi umanitari fondamentali nella regione.
Netanyahu e il disarmo di Hamas
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato in un’intervista a Fox News che il disarmo di Hamas è una condizione necessaria per avanzare nella seconda fase del piano per la Striscia di Gaza. Netanyahu ha affermato che Hamas, pur avendo dichiarato l’intenzione di disarmarsi, non ha ancora intrapreso azioni concrete in tal senso. Ha descritto la situazione attuale, evidenziando che il gruppo militante possiede ancora un numero considerevole di armi e che il disarmo comporterebbe non solo la rimozione di queste armi, ma anche la distruzione dei tunnel utilizzati per attività terroristiche.
Secondo fonti, Stati Uniti e Israele avrebbero concordato un ultimatum di due mesi per il disarmo di Hamas, un accordo raggiunto durante i colloqui tra Donald Trump e Netanyahu a Mar-a-Lago. Anche se non ci sono conferme ufficiali, esperti di entrambi i paesi stanno lavorando per definire criteri chiari su cosa significhi, nella pratica, il disarmo di Hamas. Nonostante le pressioni, Hamas ha ribadito la sua posizione, affermando che non intende rinunciare alle armi.
