La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 204 del 2025, ha affrontato la questione della legge regionale toscana numero 16 del 2025, relativa all’aiuto al suicidio. Sebbene la Corte abbia respinto le obiezioni avanzate dalle autorità statali riguardo all’intera legge, ha dichiarato l’illegittimità di alcune delle sue disposizioni. La Consulta ha chiarito che la legge regionale rientra nell’ambito della potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, con l’obiettivo di stabilire norme organizzative e procedurali per l’assistenza sanitaria regionale a coloro che, come indicato nelle sentenze precedenti, richiedono aiuto per porre fine alla propria vita.
Le disposizioni dichiarate incostituzionali
La Corte ha evidenziato che molte disposizioni della legge toscana hanno oltrepassato i confini delle competenze riservate alla legislazione statale. In particolare, l’articolo 2 è stato considerato incostituzionale poiché stabilisce i requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito, richiamando direttamente sentenze precedenti. Questa violazione è stata attribuita alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e penale, con la Corte che ha sottolineato che le Regioni non possono cristallizzare principi stabiliti in un determinato contesto temporale, in attesa di un intervento legislativo statale.
La Corte ha inoltre puntualizzato che la legislazione regionale non può sostituirsi a quella statale in questioni delicate come quelle riguardanti l’ordinamento civile e penale. Un’altra disposizione, l’articolo 4, comma 1, è stata dichiarata illegittima per l’inclusione di un delegato nella presentazione della richiesta, contravvenendo così alla legge numero 219 del 2017, che regola la procedura di assistenza al suicidio.
Termini e modalità di attuazione
Anche gli articoli 5 e 6 sono stati dichiarati incostituzionali, in quanto impongono termini rigorosi per la verifica dei requisiti di accesso al suicidio medicalmente assistito e per le modalità di attuazione. La Corte ha sottolineato l’importanza di una gestione tempestiva delle richieste, ma ha ritenuto che tali regolamentazioni interferiscano con la competenza legislativa statale, che richiede un trattamento uniforme su tutto il territorio nazionale. La legge del 2017, infatti, promuove l’alleanza terapeutica e consente ulteriori approfondimenti clinici e diagnostici, al fine di ridurre la domanda di suicidio assistito.
Supporto e assistenza sanitaria
L’articolo 7, comma 1, che regola il supporto al suicidio medicalmente assistito, è stato anch’esso dichiarato incostituzionale. Questo articolo impone alle aziende sanitarie locali di fornire supporto tecnico e farmacologico per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco. La Corte ha ribadito che questa disposizione non si allinea con i principi fondamentali della legislazione statale, ma si presenta come un’illogica determinazione da parte della legislazione regionale.
Inoltre, i commi 2 e 3 dello stesso articolo sono stati considerati illegittimi. Il primo, per la sua implicita evocazione di un livello di assistenza sanitaria aggiuntivo, interferisce con le definizioni riservate al legislatore statale. Il secondo comma, che consente la sospensione del trattamento da parte della persona autorizzata, è stato ritenuto inadeguato, poiché in caso di suicidio assistito non si tratta di un trattamento che può essere sospeso, ma di un’assistenza a una persona che deve compiere autonomamente l’atto finale.
Le restanti disposizioni della legge regionale, tuttavia, sono state ritenute valide. La Corte ha affermato che l’adozione di norme organizzative e procedurali non è preclusa dal fatto che lo Stato non abbia ancora approvato una legge organica per l’accesso alla procedura di assistenza al suicidio, poiché i principi fondamentali sono già desumibili dalla legislazione esistente.
