Robert Elliott Mnuchin, figura di spicco nel panorama finanziario e artistico, è deceduto all’età di 92 anni nella sua residenza di Bridgewater, Connecticut. La notizia è stata confermata dalla famiglia al “New York Times“. Per oltre trent’anni, Mnuchin ha dominato Wall Street, ricoprendo ruoli di grande rilievo, prima di dedicarsi al mondo dell’arte, dove ha lasciato un’impronta indelebile.
La transizione da Wall street all’arte
Negli anni ’90, Robert Mnuchin ha preso una decisione sorprendente: dopo aver lavorato come partner presso Goldman Sachs, una delle banche d’investimento più influenti al mondo, ha scelto di aprire una galleria d’arte a New York. Questa scelta, inizialmente vista come un capriccio da pensionato, ha rivelato la sua profonda convinzione che il talento autentico non è vincolato dal contesto, ma piuttosto dalla visione personale. Nel 1992, ha trasformato parte della sua townhouse sull’Upper East Side in C&M Arts, creando uno spazio che parlava il linguaggio della qualità museale. Mnuchin ha sempre avuto un occhio attento per i grandi maestri americani del secondo Novecento, come Jackson Pollock, Mark Rothko e, in particolare, Willem de Kooning, artista che ha dedicato numerose mostre.
Il successo della galleria e la sua filosofia
C&M Arts è rapidamente diventata un punto di riferimento per collezionisti e musei, grazie a mostre curate con rigore e allestimenti sobrii. Mnuchin ha portato nel mercato dell’arte una qualità sempre più rara: il tempo. Tempo per studiare e spiegare le opere, costruendo così un rapporto di fiducia con i clienti. In un’epoca caratterizzata da un’accelerazione costante, la sua lentezza rappresentava un atto politico. Con il passare degli anni, la galleria ha cambiato nome in L&M Arts, grazie alla collaborazione con Dominique Lévy, e infine è diventata la Mnuchin Gallery nel 2013, ampliando la sua offerta a opere di minimalismo e arte contemporanea, mantenendo sempre un focus su opere iconiche.
Un collezionista e mercante unico
Mnuchin si distingue anche come collezionista atipico, disprezzando il termine “collezione” e sostenendo che l’arte dovesse essere vissuta, non semplicemente immagazzinata. Le opere che acquistava trovavano posto nelle sue pareti domestiche, riflettendo una filosofia che permeava anche il suo lavoro di mercante. La vendita di un’opera, per lui, significava trovare il contesto giusto per farla durare nel tempo. Durante le aste, Mnuchin si trasformava in una presenza magnetica, capace di esercitare un’influenza silenziosa sull’intera sala. Un momento emblematico della sua carriera si è verificato nel 2019, quando ha offerto 91,1 milioni di dollari per “Rabbit” di Jeff Koons, stabilendo un record mondiale per un artista vivente.
Il lascito di un uomo d’integrità
Nonostante fosse il padre di Steven Mnuchin, ex segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Robert Mnuchin ha sempre mantenuto una certa distanza dalla politica e dal clamore mediatico. Era benvoluto nel mondo dell’arte per la sua integrità, un valore sempre più raro in un settore competitivo. Amy Cappellazzo, ex presidente di Sotheby’s, lo ha descritto come “uno dei più corretti del settore”, un giudizio che rispecchia il suo operato. Negli ultimi anni, nonostante le sfide fisiche, ha continuato a partecipare a mostre e vendite importanti, dimostrando una passione inarrestabile per il suo lavoro, fino a ritirarsi solo nel 2019 da Art Basel, dopo oltre vent’anni di presenza costante. “Sarei perso senza questo lavoro”, ha dichiarato poco prima dell’emergere della pandemia, sottolineando l’importanza dell’arte nella sua vita.
