L’impero immobiliare di Trump: dalle abitazioni nel Queens agli hotel di lusso globali

Franco Fogli

Dicembre 20, 2025

L’ultima iniziativa della Trump Organization è emersa un mese fa, quando si è rivelato che l’azienda sta esplorando un accordo che potrebbe portare alla realizzazione di edifici contrassegnati dal nome del presidente americano in Arabia Saudita. Questo progetto, che è sotto la supervisione del fondo sovrano del principe Mohammed bin Salman, ha un valore complessivo di 63 miliardi di dollari e prevede lo sviluppo di Diriyah, una storica città del regno. Nei prossimi anni, Diriyah potrebbe diventare una meta turistica di rilievo, con hotel di lusso, centri commerciali e uffici. Tuttavia, non tutto è andato per il verso giusto: un progetto che sembrava certo, relativo alla costruzione di un hotel a Belgrado, ha subito un arresto. La società di Jared Kushner, genero di Trump, ha deciso di ritirarsi dall’iniziativa da 500 milioni di dollari a causa di un’inchiesta sul presidente serbo Aleksandar Vucic, amico personale di Trump, che ha suscitato numerose proteste.

Il patrimonio immobiliare

Il patrimonio immobiliare della famiglia Trump è attualmente gestito dai figli Eric e Donald Jr. Questo impero comprende una vasta gamma di proprietà, tra cui alberghi, uffici, campi da golf e casinò, tutti contrassegnati dal marchio Trump, che il presidente ha concesso in licenza. La divisione immobiliare ha un valore stimato tra 1 e 2,6 miliardi di dollari, ed è storicamente la più proficua per Trump, nonostante le critiche riguardo a possibili gonfiamenti del valore reale delle proprietà. Recentemente, il valore di questa divisione è stato superato da quello delle criptovalute, settore in cui la Trump Organization ha registrato guadagni significativi negli ultimi due anni. Tra i beni più preziosi figurano partecipazioni in edifici emblematici di New York, come la Trump Tower, dove Trump ha annunciato la sua candidatura alle primarie repubblicane nel 2015, e 40 Wall Street. Altri beni includono resort di golf, come Mar-a-Lago e Doral, situati in Florida, e proprietà internazionali che sono aumentate durante la presidenza di Trump. La Trump Tower, valutata da Forbes a 95 milioni di dollari, ospita la penthouse di Trump, che prima del suo trasferimento in Florida era il suo quartier generale.

Espansione internazionale

Secondo un rapporto della non profit Citizens for Responsibility and Ethics in Washington, durante il suo secondo mandato, la Trump Organization ha in programma lo sviluppo di 23 progetti a marchio in diverse nazioni, tra cui Oman, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. I piani includono anche otto progetti in India, oltre a iniziative in Vietnam, Uruguay, Qatar, Romania e Maldive. In diverse di queste operazioni, le aziende di Trump collaboreranno con imprese locali e dovranno ottenere permessi dai governi. Tra i progetti menzionati, quello nelle Maldive prevede la creazione del “primo hotel tokenizzato”, dove gli investimenti saranno effettuati tramite criptovalute. Dopo l’apertura del Trump Hotel di Jeddah, la Trump Organization proseguirà la collaborazione con Dar Global per un nuovo edificio in Arabia Saudita, del valore di un miliardo di dollari.

Durante il suo primo mandato, Trump ha affrontato critiche riguardo alla potenziale sovrapposizione tra i suoi affari privati e il suo ruolo di presidente degli Stati Uniti. Sebbene non esista una legge specifica sul conflitto di interessi per il presidente americano, le Emoluments Clauses vietano ai funzionari pubblici, in particolare al presidente, di ricevere vantaggi da governi stranieri. Recentemente, la decisione di Trump di accettare un aereo presidenziale del valore di 400 milioni di dollari in regalo dal Qatar ha suscitato un acceso dibattito tra analisti e esperti di diritto costituzionale. Inoltre, molti osservatori hanno espresso preoccupazione per i legami di Trump con vari leader internazionali e per lo sviluppo di progetti immobiliari a livello globale. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha definito le accuse dei media come irresponsabili, affermando che ciò contribuisce a una crescente sfiducia del pubblico. Trump, dal canto suo, ha dichiarato di non avere un ruolo diretto nella gestione delle sue aziende, affidate ai figli.

Le origini di Trump

Donald Trump ha avviato la sua carriera nel settore immobiliare all’interno dell’azienda di famiglia, fondata da suo padre Fred Trump, attiva principalmente a Brooklyn, nel Queens e in altre aree periferiche di New York. Dopo aver trascorso i primi due anni di studi al Fordham College, Trump si è trasferito alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania, dove ha conseguito una laurea in economia nel 1968. Negli anni Settanta, Donald è entrato attivamente nell’azienda di famiglia, assumendo un ruolo sempre più centrale. Il padre si era concentrato sulla costruzione di abitazioni e complessi residenziali a prezzi accessibili, spesso collaborando a programmi di edilizia agevolata. Donald ha proposto un cambiamento di strategia, spostando l’attenzione su progetti più visibili a Manhattan. Questa transizione è avvenuta con il supporto finanziario del padre, che ha garantito prestiti bancari e ha continuato a seguire attentamente le attività della nuova fase dell’azienda.

Il primo progetto significativo

Il primo progetto di Trump a Manhattan risale agli anni Settanta, quando ottenne la ristrutturazione dell’Hotel Commodore, un edificio in cattive condizioni nei pressi di Grand Central. Per realizzare l’operazione, Trump negoziò un accordo complesso con il Comune di New York, che prevedeva agevolazioni fiscali a lungo termine in cambio del rilancio dell’area. Questa iniziativa, condotta in collaborazione con la catena alberghiera Hyatt, rappresentò uno dei primi esempi della sua abilità nel coniugare interessi pubblici e investimenti privati. L’hotel, riaperto nel 1980 come Grand Hyatt, segnò l’ingresso ufficiale di Trump nel mercato immobiliare di Manhattan. Questo progetto evidenziò il suo stile imprenditoriale, caratterizzato da visibilità, ristrutturazioni ambiziose e un forte impatto mediatico. Sotto il profilo finanziario e politico, il supporto del padre rimase un elemento cruciale, anche se Donald iniziò a presentarsi come un imprenditore indipendente, deciso a costruire un proprio marchio.

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