Un lungo studio svedese di 25 anni esplora il legame tra formaggio e demenza

Marianna Ritini

Dicembre 19, 2025

Un recente studio condotto in Svezia ha rivelato che il consumo di formaggio potrebbe avere effetti positivi sulla salute cerebrale, contribuendo a ridurre il rischio di demenza. La ricerca, pubblicata sulla rivista Neurology della American Academy of Neurology, ha evidenziato come basti mangiare 50 grammi o più di formaggio al giorno per ottenere benefici significativi. I formaggi più efficaci in questo senso sono quelli con un contenuto di grassi superiore al 20%, come brie, gouda, cheddar e groviera, oltre ai celebri prodotti italiani come parmigiano e mozzarella.

Il legame tra formaggio e demenza

La ricerca svedese ha coinvolto oltre 27.000 adulti per un periodo di circa 25 anni, analizzando l’associazione tra l’assunzione di formaggio ad alto contenuto di grassi e il rischio di sviluppare demenza. L’epidemiologa nutrizionista Emily Sonestedt dell’Università di Lund ha sottolineato come, per decenni, il dibattito tra diete ricche e povere di grassi abbia influenzato le linee guida nutrizionali, portando a considerare il formaggio come un alimento da limitare. Tuttavia, i risultati di questo studio mettono in discussione tali convinzioni, suggerendo che alcuni latticini grassi possano effettivamente essere protettivi nei confronti della salute cerebrale.

Sonestedt ha dichiarato che il loro lavoro ha dimostrato un’associazione positiva tra il consumo di latticini grassi e una riduzione del rischio di demenza, fornendo nuove evidenze che potrebbero cambiare il modo in cui si percepisce il consumo di grassi nella dieta.

Comprendere la demenza

Secondo il Ministero della Salute, la demenza è un termine generico che comprende diverse patologie che compromettono la memoria e altre funzioni cognitive, interferendo con le attività quotidiane delle persone. Le demenze non sono una parte normale dell’invecchiamento, ma sono il risultato di malattie specifiche, la cui incidenza aumenta con l’età. Tra le forme più comuni ci sono il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare e il morbo di Parkinson.

A livello globale, oltre 55 milioni di persone convivono con la demenza, secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Le proiezioni suggeriscono che questo numero potrebbe raggiungere i 150 milioni entro il 2050. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) stima che 1.241.000 persone soffrano di demenza, con previsioni che indicano un incremento a 1.609.000 nel 2030 e a 2.272.000 nel 2050.

Dettagli dello studio e il ruolo dei formaggi

La ricerca ha analizzato il consumo di latticini e il loro impatto sulla demenza, un tema complesso e spesso controverso. Studi precedenti condotti in Finlandia, Regno Unito e Giappone avevano già suggerito un legame tra il consumo di formaggio e la prevenzione della demenza. La nuova indagine, guidata dall’epidemiologo nutrizionista Yufeng Du dell’Università di Lund, ha utilizzato i dati di uno studio osservazionale di lungo termine, il Malmo Diet and Cancer, che ha monitorato le abitudini alimentari di residenti svedesi.

I partecipanti hanno documentato le loro abitudini alimentari attraverso diari, questionari e interviste dettagliate. I risultati hanno mostrato che circa il 10% di coloro che consumavano 50 grammi o più di formaggio grasso al giorno ha sviluppato demenza, rispetto al 13% di chi ne mangiava meno di 15 grammi. Dopo aver corretto i dati in base a fattori come età, sesso e dieta generale, è emerso che chi consumava oltre 50 grammi di formaggio presentava un rischio inferiore del 13% di sviluppare demenza rispetto a chi ne consumava quantità minori.

Tuttavia, non è stata trovata alcuna associazione significativa per formaggi a basso contenuto di grassi, latte o prodotti fermentati come yogurt e kefir. L’analisi ha anche mostrato risultati contrastanti per il burro, suggerendo un possibile aumento del rischio di Alzheimer in caso di consumo elevato.

La ricerca, pur presentando risultati interessanti, ha i suoi limiti. Secondo Tara Spires-Jones, responsabile della divisione presso il Dementia Research Institute del Regno Unito, non coinvolta nello studio, uno dei principali limiti è rappresentato dal fatto che il consumo di formaggio è stato registrato tramite un diario alimentare e interviste effettuate 25 anni prima della diagnosi di demenza. Questo potrebbe influenzare l’affidabilità dei dati, poiché è probabile che le abitudini alimentari e altri fattori legati allo stile di vita siano cambiati nel corso degli anni.

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