Il Consiglio dell’Unione Europea ha recentemente raggiunto un accordo significativo riguardante un prestito di 90 miliardi di euro all’Ucraina, un passo che potrebbe avere implicazioni ben oltre il semplice sostegno finanziario a Kiev. Questa decisione, avvenuta il 19 dicembre 2025, segna un momento cruciale per l’Europa, poiché introduce un nuovo meccanismo di finanziamento che supera il tradizionale vincolo dell’unanimità.
Il prestito all’ucraina e il debito comune
L’accordo sul prestito all’Ucraina non solo fornisce un supporto immediato, ma rappresenta anche un’opportunità per l’Unione Europea di esplorare nuove modalità di finanziamento. La scelta di ricorrere al debito comune attraverso un meccanismo che elimina il vincolo dell’unanimità apre la strada all’emissione di Eurobond garantiti dal bilancio dell’Unione. Questo approccio potrebbe rivelarsi una svolta significativa nella capacità dell’Europa di finanziare politiche comuni, coinvolgendo la maggior parte degli Stati membri.
La decisione è stata presa in un contesto di difficoltà legate ai veti incrociati e alle complicazioni giuridiche riguardanti l’uso degli asset congelati alla Russia per sostenere il finanziamento per l’Ucraina. I 27 membri dell’Unione hanno trovato un accordo su un piano alternativo, che prevede un prestito finanziato sul mercato dei capitali, supportato dalle garanzie del Qfp, il bilancio pluriennale dell’Unione Europea.
Il ruolo di Mario Draghi e il futuro dell’europa
La strategia adottata per il prestito all’Ucraina riflette le idee promosse con determinazione da Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea. Draghi ha da sempre sostenuto l’idea di introdurre obbligazioni sovrane comuni europee per finanziare investimenti strategici, migliorare la competitività e stimolare il mercato unico. Questi strumenti sono considerati essenziali per affrontare le sfide economiche europee e per ridurre i costi di finanziamento per gli Stati più indebitati.
Il concetto di Draghi, ora accolto nell’accordo del Consiglio, si basa sulla premessa che per affrontare le necessità di investimento in settori cruciali come la difesa, la transizione verde e quella digitale, i capitali privati non sono sufficienti. I fondi pubblici, inoltre, non possono gravare eccessivamente sui bilanci dei singoli Stati. Questo accordo sul prestito all’Ucraina, quindi, non mira ad aumentare la spesa pubblica generale, ma a sostenere obiettivi strategici condivisi.
L’accordo raggiunto potrebbe fungere da precedente per future decisioni, consentendo di affrontare dossier complessi senza necessità di riforme lunghe e complicate dei meccanismi decisionali europei. I Paesi come Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, che avevano il potere di veto, hanno accettato l’accordo in cambio di garanzie che consentono loro di non partecipare al prestito, creando un precedente per future operazioni simili.
L’implementazione di questo nuovo approccio potrebbe rappresentare un cambiamento fondamentale nella gestione delle finanze europee e nella capacità dell’Unione di affrontare le sfide future.
