Linfoma mantellare: Derenzini (Ieo) annuncia l’era della terapia senza chemioterapia

Marianna Ritini

Dicembre 18, 2025

Il 18 dicembre 2025, Enrico Derenzini, direttore della Divisione Oncoematologia presso l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, ha rilasciato dichiarazioni significative riguardo ai recenti studi Echo e Traverse, presentati durante il congresso della Società Americana di Ematologia ad Orlando. Derenzini ha sottolineato l’importanza di una nuova terapia chemio-free per il trattamento del linfoma mantellare, un tipo di linfoma non Hodgkin che colpisce prevalentemente gli adulti anziani, con un’età media di insorgenza intorno ai 70 anni.

Il linfoma mantellare e le sue caratteristiche

Il linfoma mantellare è una sindrome linfoproliferativa che interessa i linfociti B maturi. Questa forma di linfoma si manifesta con l’ingrandimento dei linfonodi, facilmente percepibile quando il linfonodo è superficiale. Tuttavia, può anche coinvolgere il midollo osseo, causando talvolta una sindrome leucemica, con linfociti B circolanti nel sangue e in vari organi, in particolare nel tratto gastrointestinale. Derenzini ha evidenziato che è comune trovare il linfoma nell’intestino e nello stomaco attraverso esami istologici effettuati durante le endoscopie.

Tradizionalmente, il trattamento del linfoma mantellare si basava su un approccio chemio-immunoterapico. Sebbene fosse possibile indurre remissioni complete, queste erano spesso temporanee, con una storia naturale della malattia caratterizzata da frequenti recidive. Derenzini ha spiegato che i linfomi mantellari possono essere distinti in base a punteggi di rischio, che considerano fattori come il tasso di proliferazione cellulare e la presenza di mutazioni nel gene P53, fondamentale nella risposta ai farmaci.

I risultati degli studi Echo e Traverse

Lo studio Echo, di fase 3 e randomizzato, ha confrontato una terapia standard, che includeva l’immunoterapia con rituximab e un chemioterapico come la bendamustina, con un regime che prevedeva l’aggiunta di un inibitore di Btk, l’acalabrutinib. Questo studio ha coinvolto pazienti di età pari o superiore a 65 anni. I risultati, con un follow-up di circa 50 mesi, hanno dimostrato la superiorità del trattamento sperimentale in termini di progression-free survival. Inoltre, la terapia combinata ha ridotto del 24% il rischio di necessità di una terapia di terza linea, evidenziando un impatto significativo sulla storia naturale della malattia.

Derenzini ha anche menzionato lo studio Traverse, di fase 2, che ha analizzato pazienti non precedentemente trattati con un regime completamente chemio-free. Questo approccio prevedeva una fase di induzione con tre farmaci: rituximab, acalabrutinib e venetoclax. I risultati preliminari hanno mostrato un tasso di remissioni complete superiore al 90%, con oltre il 50% dei pazienti in remissione completa e malattia minima residua negativa.

Le prospettive future per i pazienti con linfoma mantellare

Derenzini ha concluso che l’abbinamento di immunoterapia con rituximab, acalabrutinib e venetoclax potrebbe rivelarsi estremamente efficace anche per quei pazienti precedentemente considerati a prognosi sfavorevole a causa dei trattamenti standard. I risultati degli studi Echo e Traverse rappresentano un passo importante verso l’implementazione di terapie innovative nel trattamento del linfoma mantellare, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e le prospettive di guarigione per i pazienti. Con l’evoluzione delle terapie e l’emergere di nuove opzioni, la speranza è quella di rendere disponibili trattamenti più efficaci e meno invasivi per tutti i pazienti affetti da questa malattia.

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