Uno studio recentemente pubblicato sul Canadian Journal of Cardiology ha messo in luce l’importanza di coinvolgere i partner nei programmi di riabilitazione cardiaca, suggerendo che tale approccio possa migliorare non solo la salute fisica, ma anche il benessere emotivo e sociale dei pazienti. La ricerca, condotta da un team di esperti canadesi, ha evidenziato come le relazioni solide e di supporto possano influenzare positivamente il successo dei trattamenti per le malattie cardiovascolari, che rappresentano la principale causa di morte a livello globale.
Il ruolo delle terapie di coppia nella salute cardiaca
Il 17 dicembre 2025, i ricercatori hanno presentato i risultati che dimostrano l’efficacia delle terapie di coppia nel migliorare i comportamenti salutari e la qualità della vita. Secondo lo studio, il 77% degli interventi analizzati ha mostrato miglioramenti significativi nei fattori di rischio cardiovascolare e negli esiti di salute mentale. Gli autori sottolineano che il recupero deve essere un processo condiviso, in cui entrambi i partner partecipano attivamente. “Includere i partner nei programmi di riabilitazione cardiaca è fondamentale per supportare la salute del cuore e garantire una qualità della vita elevata per entrambi”, affermano gli scienziati.
Heather E. Tulloch, ricercatrice dell’University of Ottawa Heart Institute, ha osservato che, nonostante la crescente evidenza che la qualità delle relazioni influisca sulla salute cardiaca, pochi studi hanno considerato questo aspetto negli interventi analizzati. “Le malattie cardiache non colpiscono solo il paziente, ma anche la coppia”, ha dichiarato, evidenziando come tali condizioni possano rappresentare una sfida per la relazione. In Canada, si stima che 1 adulto su 12 di età superiore ai 20 anni abbia una diagnosi di cardiopatia, un dato che evidenzia l’importanza di affrontare la questione in modo collettivo.
Il cambiamento di paradigma nella cura cardiovascolare
I ricercatori evidenziano che gran parte delle cure cardiovascolari si concentra esclusivamente sul singolo paziente, trascurando l’importanza del supporto emotivo e pratico fornito dai partner. I programmi di coppia, invece, puntano a un cambiamento di paradigma, promuovendo la partecipazione attiva di entrambi i membri nella riabilitazione e nei cambiamenti dello stile di vita. “Farlo in due è meglio”, affermano, poiché i partner possono svolgere un ruolo cruciale nel recupero, incoraggiando abitudini alimentari sane e attività fisica regolare.
Malgrado le prove crescenti che dimostrano i benefici di tali interventi, gli autori dello studio avvertono che è necessario approfondire ulteriormente come questi programmi possano influenzare l’adattamento emotivo e la qualità della relazione. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi maggiormente su questi aspetti per garantire un supporto completo durante il processo di recupero.
Verso un’assistenza sanitaria più inclusiva
I ricercatori sottolineano che i sistemi sanitari stanno sempre più orientandosi verso un’assistenza incentrata sul paziente e sulla famiglia. In questo contesto, gli approcci di coppia potrebbero rappresentare una soluzione efficace per supportare sia i pazienti sia i loro partner durante la riabilitazione cardiaca. L’idea è che, coinvolgendo i partner, non solo si forniscono interventi utili per migliorare la salute del paziente, ma si offre anche un’opportunità di intervento per i partner, che potrebbero condividere fattori di rischio simili.
Tulloch evidenzia l’importanza di sviluppare interventi che includano attivamente il partner, affrontando in modo significativo le dynamics relazionali. Gli autori propongono un modello di assistenza graduale che prevede uno screening sistematico e l’invio a servizi appropriati per aiutare le coppie a gestire le difficoltà legate alla cardiopatia. La ricerca futura dovrebbe includere popolazioni più diversificate e misurare i risultati sia per i pazienti che per i loro partner, al fine di colmare le lacune attuali nella conoscenza.
“È fondamentale curare il cuore e coltivare le relazioni per migliorare i comportamenti salutari e la salute mentale”, conclude Tulloch, sottolineando che questo approccio potrebbe portare a un miglior adattamento emotivo e sociale durante la convalescenza dei pazienti, contribuendo a risultati cardiovascolari più favorevoli.
