La polizia australiana ha formalmente incriminato Naveed Akram, accusato di aver aperto il fuoco durante un evento ebraico sulla Bondi Beach di Sydney. L’attacco, avvenuto il 15 dicembre 2025, ha portato alla morte di 15 persone e ha lasciato decine di feriti, con l’accusa di 59 reati, tra cui terrorismo.
Akram, 24 anni, è stato gravemente ferito e si è risvegliato da un coma il giorno dopo l’attacco. Secondo quanto riportato dal Sydney Morning Herald, il giovane ha compiuto l’azione insieme al padre, Sajid Akram, che è stato ucciso sul posto. Nonostante le accuse gravi, Naveed ha rifiutato di collaborare con gli investigatori.
Dopo il funerale del rabbino Eli Shlanger, il premier del Nuovo Galles del Sud, Chris Minns, ha annunciato l’intenzione di proporre modifiche urgenti alla legislazione sul possesso di armi. Minns ha dichiarato che il Parlamento discuterà tali modifiche la prossima settimana, specificando che la nuova legge mirerà a limitare il numero di armi possedute, a riclassificare le tipologie di armi e a ridurre la capacità dei caricatori per i fucili da caccia.
Filippine: nessuna prova di addestramento degli attentatori
Il presidente delle Filippine, Ferdinand Marcos Jr., ha categoricamente respinto le affermazioni secondo cui il Paese sarebbe un hotspot per l’addestramento del Stato Islamico. La portavoce Claire Castro ha sottolineato che non ci sono prove concrete a sostegno delle affermazioni che collegano i due attentatori, Naveed e Sajid Akram, a un addestramento terroristico nelle Filippine. Le dichiarazioni sono state rilasciate mentre le autorità australiane continuano a indagare sull’attentato di Bondi Beach.
Castro ha affermato che “non ci sono prove confermate” che dimostrino che i soggetti coinvolti nell’attacco abbiano ricevuto addestramento nel Paese. Inoltre, ha aggiunto che non è stata fornita alcuna prova a sostegno delle affermazioni secondo cui le Filippine siano state utilizzate per l’addestramento al terrorismo.
Recentemente, è emerso che Sajid Akram e suo figlio Naveed erano stati nella regione di Davao, sull’isola di Mindanao, dal 1 al 28 novembre. Le indagini delle autorità filippine e australiane sono in corso, mentre la comunità internazionale segue con attenzione gli sviluppi di questo caso che ha scosso l’Australia e ha riacceso il dibattito sulla sicurezza e il controllo delle armi.
