L’11 dicembre 2025, l’imam Mohamed Shahin, leader della moschea di via Saluzzo a Torino, è tornato in libertà dopo la decisione della Corte d’Appello di Torino. Il religioso, che era stato trattenuto nel Centro di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) di Caltanissetta, ha lasciato la struttura e si è trasferito in una località riservata nel nord Italia, dove ha potuto riunirsi con i suoi familiari.
Il provvedimento della Corte d’Appello arriva in un momento delicato, in seguito a una controversa espulsione disposta dal Ministero dell’Interno, guidato da Matteo Piantedosi. L’udienza al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio, prevista per il 18 dicembre, verterà sulla richiesta di sospensiva contro l’ordine di espulsione, che era stata emessa a causa di alcune dichiarazioni ritenute problematiche rilasciate dall’imam durante una manifestazione pro Palestina a Torino.
La richiesta di espulsione
Il 30 novembre 2025, il Ministro Piantedosi ha firmato il decreto di espulsione nei confronti di Shahin, definito come una figura di spicco all’interno di ambienti islamici radicali, incompatibile con i valori democratici italiani. Il documento accusa l’imam di promuovere un’ideologia fondamentalista e antisemita, sostenendo che le sue azioni rappresentano una minaccia concreta per la sicurezza dello Stato.
Il decreto menziona specificamente le sue dichiarazioni durante una manifestazione tenutasi il 9 ottobre 2023, in cui l’imam avrebbe difeso i membri di Hamas, giustificando atti di violenza contro civili israeliani. Queste affermazioni hanno suscitato un ampio dibattito mediatico e indignazione anche tra i sostenitori meno estremisti della causa palestinese. Inoltre, il religioso è stato denunciato per blocco stradale in occasione di una manifestazione a Torino il 17 maggio 2023.
Il decreto di espulsione sottolinea che le necessità di sicurezza nazionale e la prevenzione di attività terroristiche devono prevalere rispetto alla situazione personale di Shahin, compresi i suoi legami familiari in Italia e la sua condizione lavorativa ed economica. L’attenzione del governo su questo caso riflette una crescente preoccupazione per la sicurezza e la stabilità sociale nel contesto attuale.
La vicenda di Mohamed Shahin continua a suscitare un acceso dibattito, non solo per le implicazioni legali ma anche per le questioni più ampie riguardanti la libertà di espressione e la gestione della sicurezza pubblica in un clima di crescente tensione sociale.
