Maculopatia incurabile: nuove prospettive grazie a raggi infrarossi e impulsi elettrici

Lorenzo Di Bari

Dicembre 15, 2025

Tre ricerche recenti hanno esaminato l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di nuove terapie per la degenerazione maculare senile, una patologia che colpisce circa 1 milione di persone in Italia. Questo tipo di malattia, in particolare la forma più grave nota come atrofia geografica, non ha ancora una cura definitiva in Europa. Tuttavia, recenti sviluppi nel trattamento stanno suscitando ottimismo. Tecniche innovative come i raggi infrarossi, che stimolano la retina, e le correnti elettriche leggere, applicate sulla superficie oculare, stanno dimostrando potenzialità nel migliorare la situazione per chi soffre di questa condizione. Tre studi pubblicati su riviste scientifiche di rilievo, tra cui Eye, Current Ophthalmology Reports e Journal of Biophotonics, hanno messo in luce come queste terapie possano contribuire a una gestione più efficace della malattia.

La forma intermedia della degenerazione maculare

La degenerazione maculare si manifesta in diverse fasi, con la forma intermedia contraddistinta dalla presenza di drusen, piccole macchie che si accumulano sotto la retina. Secondo il dottor Stanislao Rizzo, presidente di Floretina Icoor e direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli di Roma, è fondamentale intervenire in questa fase iniziale per rallentare l’evoluzione verso forme più gravi, come l’atrofia geografica. Rizzo evidenzia che le tecniche di fotobiomodulazione e iontoforesi stanno emergendo come opzioni promettenti per contrastare la progressione della malattia. L’obiettivo è preservare la visione centrale, che viene progressivamente compromessa dalla degenerazione maculare.

Il trattamento con fotobiomodulazione

La fotobiomodulazione è un approccio non invasivo che utilizza luce rossa e infrarossa per stimolare la funzione retinica. Rizzo spiega che questa tecnica aiuta a ridurre la progressione della malattia e favorisce il riassorbimento delle lesioni retiniche, agendo sui mitocondri, che sono cruciali per il controllo dell’infiammazione e dello stato ossidativo delle cellule retiniche. Il trattamento viene effettuato in ambulatorio, con il paziente posizionato davanti a un apparecchio che emette luce per circa 4-5 minuti. Recenti studi hanno dimostrato che la fotobiomodulazione non solo migliora i parametri visivi, ma riduce anche i depositi sulla retina associati alla malattia, senza effetti collaterali significativi.

I dati clinici sulla iontoforesi

Un articolo pubblicato su Current Ophthalmology Reports ha confermato l’interesse crescente per la fotobiomodulazione, evidenziando miglioramenti visivi e una riduzione delle drusen. Il dottor Francesco Faraldi, direttore della Divisione di Oculistica dell’azienda ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino, sottolinea la necessità di ulteriori studi per definire il ruolo di questa terapia nella pratica clinica. Accanto alla fotobiomodulazione, la iontoforesi sta guadagnando attenzione. Questa tecnica utilizza una corrente elettrica leggera per facilitare l’assorbimento di farmaci attraverso le membrane oculari, evitando iniezioni dirette. Rizzo spiega che la iontoforesi può essere utilizzata per somministrare farmaci antinfiammatori e antiossidanti come la luteina direttamente nell’area della macula, migliorando l’efficacia del trattamento.

L’efficacia della corrente elettrica nella terapia

La corrente elettrica impiegata nella iontoforesi consente di raggiungere concentrazioni di farmaci nella retina che superano quelle ottenute con metodi tradizionali. Rizzo evidenzia che grazie a questa tecnica, gli effetti collaterali sono limitati, poiché le sostanze agiscono localmente e a basse dosi. Inoltre, non si registrano alterazioni strutturali della cornea o della retina, confermando la sicurezza del metodo. Secondo un recente studio riportato su Journal of Biophotonics, la iontoforesi rappresenta un metodo promettente per la somministrazione non invasiva di principi attivi. La docente Daniela Bacherini dell’Università di Firenze ha osservato che dopo 40 minuti di applicazione della corrente, i livelli di luteina nella retina erano significativamente aumentati, suggerendo che la iontoforesi potrebbe diventare un trattamento mirato per migliorare il pigmento maculare in pazienti affetti da degenerazione maculare.

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