Acalabrutinib segna un punto di svolta nel trattamento della leucemia linfatica cronica e del linfoma mantellare, come dimostrato dai risultati presentati al Congresso della Società americana di ematologia (ASH) che si svolge a Orlando, Florida, fino al 9 dicembre 2025. Questo inibitore di Btk di seconda generazione ha mostrato risultati promettenti in tre studi distinti, evidenziando la sua efficacia e potenziale nel cambiare il paradigma terapeutico per i pazienti affetti da queste patologie.
Risultati dello studio Amplify
Lo studio Amplify ha rivelato che il 90% dei pazienti con leucemia linfatica cronica, trattati in prima linea con acalabrutinib in combinazione con venetoclax, un regime completamente orale a durata fissa, è risultato libero dal trattamento dopo tre anni. Questi risultati, riportati in una nota, segnano un progresso significativo rispetto alle terapie tradizionali. La combinazione di acalabrutinib e venetoclax ha dimostrato di agire sinergicamente, portando a una risposta clinica duratura e a una riduzione significativa della necessità di ulteriori trattamenti. Antonio Cuneo, direttore dell’Unità operativa di Ematologia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Ferrara, ha sottolineato l’importanza di questi risultati, evidenziando che i pazienti non mostrano più segni di malattia.
Inoltre, lo studio ha confrontato tre schemi terapeutici a durata fissa, dimostrando che il regime con acalabrutinib e venetoclax è altamente tollerato, con effetti collaterali minimi. Questo è particolarmente rilevante considerando che il 25% dei partecipanti aveva più di 65 anni, un gruppo spesso più vulnerabile agli effetti collaterali delle terapie.
Trattamento del linfoma mantellare
Per quanto riguarda il linfoma mantellare, lo studio Echo ha mostrato che la combinazione di acalabrutinib con chemio-immunoterapia, in particolare con bendamustina e rituximab, ha ridotto del 24% il rischio di necessitare di una terapia di terza linea o di decesso. Questo studio ha coinvolto pazienti anziani, con un follow-up di 50 mesi, e ha evidenziato un miglioramento significativo nel tempo alla progressione della malattia e nei tassi di risposta rispetto all’attuale standard di cura.
Enrico Derenzini, direttore della Divisione di Oncoematologia all’Istituto europeo di oncologia di Milano, ha spiegato che il linfoma mantellare rappresenta una sfida, soprattutto per i pazienti più anziani. Tuttavia, i risultati dello studio Echo indicano che l’integrazione di acalabrutinib nel trattamento di prima linea può cambiare significativamente l’andamento della malattia, riducendo la probabilità di progressione precoce e migliorando la sopravvivenza libera da progressione.
Prospettive future e nuove terapie
Un ulteriore studio, TrAVeRse, ha mostrato risultati promettenti per il linfoma mantellare senza l’uso di chemioterapia. La combinazione di acalabrutinib, venetoclax e rituximab ha portato a un tasso di risposta globale del 95%, con oltre la metà dei pazienti in remissione completa. Questo studio rappresenta una novità nel trattamento di questa malattia, offrendo ai pazienti un’opzione terapeutica “chemio-free” che potrebbe migliorare ulteriormente la loro qualità di vita.
Inoltre, la nota ha messo in evidenza l’importanza crescente degli anticorpi monoclonali bispecifici, come surovatamig, che mostrano tassi elevati di risposte complete nei pazienti con linfomi aggressivi e indolenti. Questi sviluppi potrebbero aprire la strada a nuove terapie innovative e più efficaci per i pazienti affetti da linfomi, contribuendo a cambiare la storia naturale di queste malattie.
