Retinite pigmentosa: un farmaco già conosciuto offre nuove prospettive terapeutiche

Marianna Ritini

Dicembre 9, 2025

I ricercatori dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (Cnr-In) hanno recentemente sviluppato un innovativo approccio terapeutico per contrastare la retinite pigmentosa, una malattia genetica rara che causa la perdita progressiva della vista. L’utilizzo di farmaci antinfiammatori già esistenti, come il desametasone, potrebbe rappresentare una svolta significativa nel trattamento di questa patologia, che colpisce inizialmente i bastoncelli e successivamente i coni della retina.

Cos’è la retinite pigmentosa

La retinite pigmentosa è una condizione genetica che porta a una degenerazione della retina, con conseguente deterioramento della vista. Questa malattia inizia a compromettere i bastoncelli, le cellule responsabili della visione notturna, per poi estendersi ai coni, che permettono di percepire i dettagli e i colori durante il giorno. Con il progressivo deterioramento dei coni, la qualità della vita dei pazienti subisce un drastico peggioramento, rendendo difficile la lettura, il riconoscimento dei volti e la percezione dei colori. La ricerca continua a cercare soluzioni efficaci per affrontare questa grave condizione, che ad oggi non ha una cura universale.

Lo studio

Il team di ricerca, guidato dalla dottoressa Enrica Strettoi, ha intrapreso un percorso innovativo per affrontare l’infiammazione che si verifica nella retina danneggiata. Grazie a un lavoro di cinque anni, i risultati sono stati pubblicati nella rivista Progress in Retinal and Eye Research, includendo dati inediti. La dottoressa Strettoi ha sottolineato che, sebbene siano stati fatti notevoli progressi nella comprensione delle cause genetiche della retinite pigmentosa, la cura rimane un obiettivo difficile da raggiungere per la maggior parte dei pazienti. Lo studio si è concentrato sull’infiammazione causata da cellule immunitarie come microglia e macrofagi, che si attivano nella retina compromessa e contribuiscono alla perdita dei fotorecettori.

Attraverso l’uso di farmaci antinfiammatori noti, come il desametasone, il gruppo di ricerca ha somministrato il farmaco per via intraoculare a modelli preclinici di retinite pigmentosa. I risultati hanno mostrato che le cellule visive e l’epitelio pigmentato, essenziale per il supporto della retina, riescono a preservarsi dall’infiammazione. Questo approccio potrebbe aprire a nuove opportunità terapeutiche per la retinite pigmentosa, indipendentemente dalla mutazione genetica che la causa. La dottoressa Strettoi ha evidenziato che i glucocorticoidi, già approvati per l’uso in oculistica, potrebbero diventare un trattamento pratico e immediatamente applicabile per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da questa patologia rara.

Lo studio ha ricevuto supporto finanziario da diverse organizzazioni, tra cui la Fondazione Velux, Allergan/Abbvie, la Fondazione Rosa Pristina e il Pnrr Tuscany Health Ecosystem. La ricerca continua a progredire, con l’obiettivo di offrire nuove speranze a chi vive con la retinite pigmentosa.

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