Una particolare specie di funghi, rinvenuta sulle pareti del reattore della centrale nucleare di Chernobyl, potrebbe rivelarsi fondamentale per migliorare la sicurezza degli astronauti. Questo fungo, noto come Cladosporium sphaerospermum, è oggetto di studi approfonditi da parte della comunità scientifica per la sua straordinaria capacità di sopravvivere in ambienti con livelli elevati di radiazione, una caratteristica che potrebbe essere decisiva per le future missioni spaziali.
La scoperta e le peculiarità dei funghi di Chernobyl
Le prime osservazioni riguardanti il Cladosporium sphaerospermum risalgono agli anni ’90, quando un gruppo di ricercatori scoprì questi funghi attaccati alle pareti del reattore della centrale nucleare di Chernobyl, danneggiata nel 1986. Gli studi condotti in seguito hanno dimostrato che questa specie non solo riesce a resistere alle radiazioni, ma presenta anche un comportamento di crescita anomalo in ambienti in cui la ionizzazione distrugge le molecole vitali per la maggior parte degli organismi conosciuti.
La chiave di questo fenomeno potrebbe risiedere nell’elevata concentrazione di melanina nelle pareti cellulari dei funghi, che subiscono modifiche strutturali quando esposti a radiazioni ionizzanti, trasformandosi in veri e propri convertitori di energia. Alcuni ricercatori hanno descritto questo comportamento come una forma di radiosintesi, sebbene non ci siano ancora conferme definitive. Ulteriori studi hanno rivelato che il fungo può incrementare la sua crescita di circa il 10%, anche se questo non avviene in modo uniforme.
Le applicazioni spaziali
Campioni di questo fungo nero sono stati inviati alla Stazione Spaziale Internazionale, dove sono stati sottoposti a un esperimento di esposizione prolungata alle radiazioni cosmiche. I risultati hanno mostrato una crescita superiore rispetto a quella osservata sulla Terra, accompagnata da una parziale riduzione del flusso radioattivo.
Questi risultati hanno spinto i ricercatori a considerare l’idea di sviluppare materiali a base di biomassa fungina, potenzialmente utilizzabili come barriere protettive per gli astronauti nelle future missioni spaziali. Tali materiali non solo offrirebbero una protezione leggera e auto-riparante, ma contribuirebbero anche a ridurre il peso del carico da trasportare dalla Terra, facilitando la creazione di habitat sicuri per gli esploratori dello spazio.
La scoperta dei funghi di Chernobyl rappresenta quindi una potenziale rivoluzione nel campo dell’esplorazione spaziale, aprendo nuove strade per la protezione degli astronauti e per l’innovazione nei materiali utilizzati nelle missioni future.
