Elena, sorella di Gabriela Trandafir e zia di Renata: “È frustrante vedere altre donne morire, servono leggi”

Lorenzo Di Bari

Dicembre 4, 2025

Il dramma del femminicidio continua a colpire l’Italia, lasciando cicatrici profonde nelle famiglie delle vittime. Il 13 giugno 2022 è una data che segna la vita di Elena Tiron, sorella di Gabriela Trandafir e zia di Renata, entrambe uccise dal marito di Gabriela, Salvatore Montefusco, a Cavazzona di Castelfranco Emilia. Elena ha condiviso il suo dolore e la sua rabbia, sottolineando l’inefficienza delle istituzioni nel proteggere le donne da violenze già denunciate.

Il racconto di Elena Tiron

Elena Tiron ha espresso il suo risentimento nei confronti di un sistema che, a suo avviso, ha fallito nel proteggere le vittime. “Nel 99% dei casi la colpa è sempre di chi non ha agito, pur potendo,” ha dichiarato, evidenziando come Gabriela e Renata avessero presentato ben undici denunce contro Montefusco. La brutalità dell’omicidio è agghiacciante: Gabriela è stata colpita con sei proiettili, mentre Renata, solo ventidue anni, ha subito danni irreparabili. Elena ha esortato le autorità a implementare le leggi esistenti, affermando che è fondamentale agire per prevenire ulteriori tragedie.

Il caso di Gabriela e Renata

Il racconto di Elena si intreccia con quello di altre donne, vittime di un fenomeno che sembra non avere fine. Solo il giorno precedente, il 3 dicembre 2025, un’altra donna è stata uccisa dal marito ad Ancona. Questo tragico evento ha riacceso il dibattito sulla necessità di applicare le leggi in modo rigoroso. Elena ha sottolineato che, nonostante le denunce e le evidenze del pericolo, le istituzioni hanno fallito nel proteggere Gabriela e Renata. “Tutti sapevano,” ha affermato, “eppure non è stato fatto nulla.”

La frustrazione di Elena è palpabile. Ha raccontato di come, per un anno e mezzo, la sua famiglia abbia cercato aiuto, ma le autorità si siano girate dall’altra parte. “Mia sorella è stata costretta a recarsi a Bologna per denunciare. A Castelfranco non le hanno nemmeno prese in considerazione,” ha aggiunto, evidenziando un sistema che spesso ignora le richieste di aiuto delle donne in pericolo.

Le conseguenze del femminicidio

Elena Tiron ha continuato a lottare per la giustizia, sottolineando l’importanza di un intervento serio da parte delle istituzioni. “Se qualcuno prendesse veramente sul serio questa violenza, i femminicidi diminuirebbero,” ha affermato, richiamando l’attenzione sulla necessità di una risposta adeguata da parte della giustizia. La sua determinazione è stata premiata solo grazie all’intervento dell’avvocato Barbara Iannuccelli, che ha combattuto per ottenere una condanna più severa per Montefusco, portando alla sentenza di ergastolo in secondo grado.

Ogni femminicidio, ogni donna uccisa, rappresenta un dolore inestinguibile per chi resta. Elena ha concluso il suo racconto esprimendo il desiderio che chi ha il potere di prendere decisioni possa comprendere la gravità della situazione. “Spero che un giorno, chi è chiamato a decidere, possa capire cosa significa sottovalutare un grido d’aiuto,” ha dichiarato, lasciando un messaggio potente e chiaro sulla necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui la società affronta la violenza di genere.

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