Pil, Ocse prevede una crescita contenuta per l’Italia: +0,5% nel 2025 e +0,6% nel 2026

Lorenzo Di Bari

Dicembre 2, 2025

Nel 2025, l’Italia si trova ad affrontare una crescita economica definita “modesta” dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). Secondo l’Outlook pubblicato dall’ente il 23 settembre, il Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano è previsto aumentare dallo 0,5% del 2025 allo 0,6% nel 2026 e allo 0,7% nel 2027. Questa revisione segna un peggioramento rispetto alla precedente stima di crescita del 0,6% per quest’anno.

Prospettive di crescita e investimenti

L’Ocse evidenzia che una maggiore certezza economica, insieme a condizioni di prestito più favorevoli e alla continua attuazione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), dovrebbero stimolare un incremento degli investimenti da parte delle imprese e una domanda più robusta da parte dei consumatori nel 2027. Tuttavia, le esportazioni rimangono deboli a causa dell’aumento delle tariffe globali e del calo dei consumi delle famiglie, nonostante un incremento dei redditi reali. Si prevede che l’aumento degli investimenti pubblici sosterrà la crescita fino al 2026, grazie all’accelerazione nell’erogazione dei fondi del Pnrr, prima di una prevista decelerazione nel 2027. L’Ocse ha dichiarato che i rischi economici sono “sostanzialmente bilanciati”, con la possibilità di deterioramenti se i recenti miglioramenti della sostenibilità fiscale si rivelassero temporanei.

Deficit e debito pubblico

Il deficit italiano è previsto scendere al 2,9% del PIL nel 2025, sostenuto da un aumento delle entrate fiscali e da una spesa inferiore alle attese per gli incentivi edilizi. Questa tendenza dovrebbe continuare con un ulteriore calo al 2,7% nel 2026 e al 2,6% nel 2027. Il surplus di bilancio primario è atteso crescere dello 0,6% del PIL tra il 2025 e il 2027, portandosi all’1,3%, in linea con la strategia fiscale a medio termine che prevede un surplus primario strutturale del 2,1% entro il 2029. Il debito pubblico, invece, passerà dal 136,2% del PIL nel 2025 al 137,7% nel 2026, per poi scendere leggermente al 137,4% nel 2027, principalmente a causa del Superbonus.

Politiche pensionistiche e sostenibilità

L’Ocse sottolinea l’importanza di una riduzione del disavanzo di bilancio e della stabilizzazione del rapporto debito pubblico/PIL, in linea con gli impegni europei. Tuttavia, si ammette che il consolidamento dei conti sta “frenando la crescita”. Per affrontare questa situazione, è necessario mantenere le entrate fiscali, migliorare l’efficienza della spesa e mantenere le recenti misure per contenere la spesa pensionistica. Migliorare le politiche fiscali potrebbe sostenere la spesa delle famiglie e incoraggiare l’occupazione.

Rischi globali e impatti economici

L’economia globale mostra segni di resilienza, ma presenta fragilità crescenti legate ai dazi, che potrebbero portare a un aumento dei prezzi e a un rallentamento dei consumi e degli investimenti. Mathias Cormann, segretario generale dell’Ocse, ha affermato che nonostante le preoccupazioni per un rallentamento, l’attività economica è rimasta forte grazie a investimenti e politiche di sostegno. Tuttavia, si prevede che l’aumento dei dazi doganali ridurrà la crescita dei consumi e degli investimenti.

Riforme strutturali e gestione del debito

Cormann ha sottolineato la necessità di una disciplina di bilancio per affrontare l’elevato debito pubblico e mantenere la capacità di rispondere a eventuali shock. Le prospettive economiche dell’Ocse indicano un impatto negativo lieve degli shock commerciali sull’economia globale. È fondamentale implementare riforme strutturali e ottimizzare le finanze pubbliche per migliorare le prospettive di crescita e il tenore di vita.

Regolamentazione e crescita economica

Nel documento dell’Ocse si evidenzia che per sostenere la crescita è cruciale ridurre l’incertezza giuridica. Una regolamentazione chiara e ben definita può favorire l’attività economica, mentre la complessità normativa attuale in Italia ha generato incertezze che potrebbero aver ridotto il PIL pro capite di oltre il 3% negli ultimi vent’anni.

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