Stonehenge: il mistero dei fossati svelato, scavati dall’uomo preistorico

Franco Fogli

Novembre 30, 2025

Un team di esperti internazionali ha recentemente confermato l’origine artificiale di un imponente anello di fosse, che potrebbe rappresentare la più grande struttura preistorica mai scoperta in Gran Bretagna. La ricerca, pubblicata il 30 novembre 2025, si concentra sul complesso di Stonehenge, un sito iconico legato alla storia antica del Regno Unito.

La scoperta delle fosse

Nel 2020, un gruppo di 18 ricercatori aveva annunciato la scoperta di due archi di fosse circolari distribuiti su oltre 3 chilometri quadrati nei pressi dei Durrington Walls, un vasto recinto cerimoniale associato a Stonehenge. Queste fosse, di circa 10 metri di larghezza e 5 di profondità, avevano suscitato dubbi all’interno della comunità scientifica, che ipotizzava potessero essere semplici doline naturali formatesi nel terreno gessoso della zona. Tuttavia, il nuovo studio, guidato dall’archeologo britannico Vince Gaffney, ha riaperto il dibattito sull’origine di queste cavità.

Pubblicato sulla rivista “Internet Archaeology”, il nuovo studio fornisce dati che avvalorano l’ipotesi di un’origine intenzionale delle fosse. Secondo l’Università di Bradford, coinvolta nel progetto, queste cavità potrebbero rappresentare un confine sacro legato alle attività rituali svolte a Durrington Walls. Nonostante nessuna delle fosse sia stata completamente scavata, a causa dei costi e della complessità dell’operazione, i ricercatori hanno impiegato nel 2021 diverse tecniche avanzate, tra cui prospezioni magnetiche, georadar, analisi geochimiche e studi del DNA dei sedimenti prelevati dai carotaggi.

Le evidenze scientifiche

I risultati ottenuti dal team di ricerca indicano che le dieci strutture analizzate presentano forme, dimensioni e disposizioni sorprendentemente uniformi, elementi che suggeriscono un intervento umano piuttosto che fenomeni naturali casuali. La regolarità del tracciato fa pensare a una conoscenza numerica più sviluppata di quanto si ritenesse in precedenza da parte delle comunità neolitiche. La datazione tramite luminescenza ha collocato lo scavo delle fosse intorno al 2480 a.C., in pieno Neolitico, coincidente con l’uso di Durrington Walls.

Questa scoperta indebolisce l’ipotesi delle doline naturali, poiché per formarsi sarebbe stato necessario uno spesso strato di sedimenti oggi assente, e la rimozione di tali sedimenti non presenta evidenze nel paesaggio circostante. Il team di ricerca ha quindi invitato a proseguire le indagini, sottolineando che negli ultimi anni sono state rinvenute strutture simili in altre aree della Gran Bretagna, come Milltimber in Aberdeenshire e Linmere in Bedfordshire. Questi ritrovamenti suggeriscono che la costruzione di grandi cerchi di fosse non fosse un evento raro per le comunità che hanno eretto Stonehenge.

Un nuovo capitolo nella preistoria britannica

I ricercatori concludono che l’esistenza di complessi di fosse estesi non dovrebbe sorprendere, ma piuttosto essere prevista durante il lavoro sul campo. Questi vuoti nel terreno, spesso considerati anomalie naturali, potrebbero invece rivelare uno dei capitoli più affascinanti della preistoria britannica. La comunità scientifica è ora chiamata a riconsiderare l’importanza di questi ritrovamenti e a esplorare ulteriormente le implicazioni culturali e rituali associate a tali strutture.

La ricerca di Gaffney e del suo team non solo offre nuove prospettive sulla storia antica della Gran Bretagna, ma invita anche a riflettere su come le società preistoriche potessero organizzare e strutturare il loro ambiente in modi fino a oggi non completamente compresi.

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