Bosnia: trent’anni fa gli accordi di Dayton segnarono la fine del conflitto

Marianna Ritini

Novembre 21, 2025

Dopo tre decenni dalla firma degli Accordi di Dayton, il 21 novembre 2025 segna un anniversario significativo per la Bosnia-Erzegovina, un Paese che ha vissuto tre anni e mezzo di conflitto interetnico, costato la vita a circa 100mila persone. Questo evento si colloca in un contesto di crescente tensione, alimentato dalle recenti azioni del leader serbobosniaco Milorad Dodik, che ha mostrato resistenza alle direttive dell’Alto rappresentante europeo, Christian Schmidt, figura istituita per garantire la supervisione dell’accordo.

Gli accordi di dayton e la loro firma

Il 21 novembre 1995, dopo un’intensa mediazione durata venti giorni, i presidenti di Bosnia-Erzegovina, Alija Izetbegovic, di Croazia, Franjo Tudjman, e dell’allora Jugoslavia, Slobodan Milosevic, si sono riuniti presso la base aerea Usa di Wright-Patterson, a Dayton, Ohio. Qui, hanno siglato l’Accordo quadro generale di pace in Bosnia Erzegovina, insieme a undici annessi, alla presenza di importanti figure diplomatiche, tra cui il segretario di Stato americano Warren Christopher e il negoziatore Richard Holbrooke. Due mesi prima, dal 30 agosto al 20 settembre, la NATO aveva condotto l’Operazione Deliberate Force, un intervento militare aereo contro le forze serbe bosniache.

La ratifica ufficiale dell’accordo avvenne il 14 dicembre 1995 a Parigi, durante una cerimonia all’Eliseo, alla quale presero parte leader mondiali come Bill Clinton, Jacques Chirac, John Major, Helmut Kohl e Viktor Chernomirdin. Questo evento segnò la fine della guerra nella regione, aprendo la strada a un nuovo assetto politico.

Il contenuto dell’accordo

Gli Accordi di Dayton hanno stabilito meccanismi per cessare le ostilità, rispettare la sovranità reciproca e risolvere le controversie in modo pacifico. In particolare, le parti firmatarie si sono impegnate a non utilizzare la forza contro l’integrità territoriale della Bosnia-Erzegovina o di altri Stati. Sono stati previsti processi di smilitarizzazione, ricostruzione, elezioni libere, creazione di una nuova Costituzione e il ritorno dei rifugiati.

Il documento ha delineato la configurazione territoriale della Bosnia, dividendo il Paese in due entità semiautonome: la Federazione di Bosnia-Erzegovina, a maggioranza bosniaca e croata, e la Repubblica Srpska, a maggioranza serbo-bosniaca. Sarajevo è stata designata come capitale. Ciascuna entità ha poteri autonomi, ma opera all’interno di un quadro statale unitario. La Presidenza collegiale è composta da un serbo, un croato e un musulmano, che si alternano ogni otto mesi. Ogni entità ha un proprio parlamento locale e a livello statale si eleggono i membri della Camera dei rappresentanti ogni quattro anni.

Le conseguenze dell’accordo

Sebbene l’Accordo di Dayton abbia posto fine al conflitto, ha anche consolidato le divisioni etniche e politiche nel Paese. Migliaia di persone risultano ancora disperse e solo alcuni dei responsabili dei crimini, come Radovan Karadzic e Ratko Mladic, sono stati portati davanti alla giustizia. Le ferite lasciate dalla guerra rimangono aperte e non completamente sanate.

La guerra in bosnia

Il conflitto in Bosnia è scoppiato in seguito alla disintegrazione della Jugoslavia e all’emergere di tensioni nazionalistiche e religiose. La Bosnia, che dichiarò la propria indipendenza nel 1992, è stata il teatro del conflitto più sanguinoso, culminato nel genocidio di Srebrenica, dove oltre 8mila uomini bosgnacchi furono uccisi dalle forze serbe guidate dal generale Ratko Mladic.

Le tensioni in bosnia-erzegovina: la situazione attuale

Negli ultimi mesi, le tensioni in Bosnia-Erzegovina sono aumentate, in gran parte a causa delle azioni di Milorad Dodik, presidente della Repubblica Srpska dal 2022 al 2025. Le sue decisioni hanno portato a una condanna da parte di un tribunale bosniaco, con una multa e sei mesi di interdizione per disobbedienza alle direttive di Schmidt.

Schmidt ha evidenziato che le tensioni rappresentano “una crisi straordinaria” per il Paese, derivante da attacchi alla base degli Accordi di Dayton e alla stabilità sociale. Le azioni di Dodik mettono a rischio l’integrità territoriale, creando incertezze giuridiche e conflitti con l’autorità statale.

Dopo la condanna, la Commissione elettorale bosniaca ha destituito Dodik dalla presidenza della Repubblica Srpska ad agosto. Nonostante abbia presentato ricorso, le sue richieste sono state respinte dalla Corte costituzionale. Il 23 novembre 2025 si terranno elezioni anticipate per eleggere un nuovo presidente, con Dodik che ha sostenuto il candidato del suo partito, Sinisa Karan.

In un contesto di instabilità, l’amministrazione di Donald Trump ha recentemente revocato le sanzioni contro Dodik, un gesto che il leader serbo-bosniaco ha accolto come una correzione di una “grave ingiustizia”. La situazione in Bosnia-Erzegovina resta complessa, con sfide significative da affrontare per garantire un futuro di pace e stabilità.

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