Una recente indagine condotta dal Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, in collaborazione con InfoCamere e la Camera di Commercio di Brindisi-Taranto, ha rivelato significativi progressi e criticità nel panorama delle società benefit in Italia. I risultati, pubblicati nel 2025, mostrano che il 56% di queste imprese ha adottato un codice etico, ma solo il 10% ha implementato politiche di rappresentanza di genere.
Crescita delle società benefit in Italia
Il numero delle società benefit in Italia sta crescendo rapidamente, con una transizione verso modelli di governance più inclusivi e sostenibili. Secondo il report “La governance delle società benefit in Italia”, il numero di queste aziende è aumentato da 177 nel 2017 a oltre 4.500 nel 2024, con una previsione di superare le 5.000 unità nel corso del 2025. Questo modello, introdotto dalla legge 208/2015, integra obiettivi di beneficio comune con attività economiche, evidenziando la necessità di una governance che possa bilanciare gli obiettivi economici, sociali e ambientali.
Il ruolo della ricerca e del supporto
Vincenzo Cesareo, presidente della Camera di Commercio di Brindisi-Taranto, ha evidenziato come l’interesse verso le imprese benefit stia crescendo insieme al loro numero. Il supporto a ricerche più approfondite è fondamentale per comprendere le potenzialità e i limiti di questo modello imprenditoriale. Cesareo ha notato che, sebbene siano stati identificati punti di forza nella partecipazione degli stakeholder ai processi decisionali, esistono anche disomogeneità nei comportamenti e aree di crescita, come la formazione e i servizi di supporto etico.
Importanza della conoscenza approfondita
Paolo Ghezzi, direttore generale di InfoCamere, ha sottolineato l’importanza di una conoscenza approfondita dei fenomeni imprenditoriali, in particolare per modelli innovativi come le società benefit. Il Registro delle imprese è una risorsa fondamentale per tracciare la crescita di queste aziende e comprendere le loro dinamiche interne. Ghezzi ha affermato che l’analisi dei dati pubblici è cruciale per supportare decisioni informate e politiche efficaci, contribuendo a consolidare una cultura imprenditoriale orientata alla sostenibilità.
Criticità e opportunità nel settore
Dall’analisi emerge che solo il 17% delle società benefit intervistate include amministratori indipendenti, mentre il 10% ha adottato politiche di rappresentanza di genere. La maggior parte delle imprese coinvolte nella survey del 2024 sono micro (60%) o piccole (24%), il che contribuisce a strutture decisionali centralizzate, con il 53% dei casi in cui il presidente o amministratore unico concentra funzioni operative e strategiche.
Le politiche retributive mostrano ampi margini di miglioramento in relazione ai criteri ESG, con oltre la metà delle aziende (54%) che non prevede indicatori specifici e solo il 10% che integra parametri di sostenibilità nei sistemi di valutazione. Nonostante il 52% dei consigli di amministrazione richieda competenze in sostenibilità, prevalgono profili economico-finanziari (34%) e consulenziali (27%), mentre il contributo di accademici e rappresentanti del terzo settore rimane limitato.
Dal punto di vista etico, il 56% delle società benefit dispone di un codice etico e il 53% di sistemi di segnalazione interna. Tuttavia, meno della metà offre formazione sui temi della responsabilità e solo il 12% prevede percorsi obbligatori per i membri del CDA. Le questioni etiche vengono discusse nel 65% dei consigli, ma raramente si traducono in metriche di performance o in legami diretti con le retribuzioni dei vertici. La diffusione di pratiche di rendicontazione, la partecipazione degli stakeholder e l’integrazione di metriche etiche nei processi decisionali sono identificati come passi necessari per rendere il modello delle società benefit una leva strutturale della competitività sostenibile in Italia.
