Le serrande dei negozi italiani si abbassano sempre di più, evidenziando una crisi del commercio al dettaglio che ha portato alla chiusura di oltre 140mila attività negli ultimi dodici anni. Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, la situazione è destinata a deteriorarsi ulteriormente, con previsioni che indicano il rischio di perdere un quinto dei negozi entro il 2035. Questo fenomeno colpisce in modo particolare i centri storici e i piccoli comuni, dove il commercio sta subendo un’emorragia continua. L’analisi è stata presentata in vista dell’iniziativa nazionale “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, che si svolgerà a Bologna, presso Palazzo Re Enzo, il 20 e 21 novembre 2025.
Il trend delle serrande chiuse
Il calo delle attività commerciali è un trend preoccupante che potrebbe aggravarsi se non si attuano politiche efficaci di rigenerazione urbana. Attualmente, sono oltre 105mila i negozi sfitti, di cui un quarto sono in disuso da più di un anno. L’Ufficio Studi di Confcommercio stima che, senza interventi, da qui al 2035 si potrebbero perdere ulteriori 114mila imprese del commercio al dettaglio. Questo rappresenterebbe una riduzione drammatica, con gravi conseguenze per l’economia urbana e per la coesione sociale. Dal 2012 al 2024, le chiusure hanno riguardato quasi 118mila negozi fissi e circa 23mila attività ambulanti, mostrando un saldo negativo tra chiusure e aperture.
Le cause delle chiusure e i settori più vulnerabili
Le ragioni di questa crisi sono molteplici. Una crescita dei consumi interni insufficiente, insieme a cambiamenti nei comportamenti di spesa dei consumatori e all’espansione del commercio online, hanno contribuito a questa situazione. Infatti, nello stesso periodo, le imprese attive nel commercio online sono aumentate di oltre 16mila unità , con un incremento del 114,9%. Tra i settori più colpiti dal calo delle attività ci sono i distributori di carburante, che hanno visto una contrazione del 42,2%, seguiti da articoli culturali e ricreativi (-34,5%) e commercio non specializzato (-34,2%). Anche il settore dell’abbigliamento e delle calzature ha subito un calo significativo del 25%.
Le città del Centro-Nord più colpite
Le città medio-grandi del Centro-Nord sono quelle maggiormente esposte a questo fenomeno di chiusura dei negozi. Tuttavia, alcune aree del Mezzogiorno mostrano una diminuzione più contenuta, principalmente a causa di una minore densità di residenti e di un minor ricorso agli acquisti online. In risposta a questa emergenza, Confcommercio sta promuovendo un’Agenda Urbana Nazionale, in collaborazione con il Governo, le Regioni e i Comuni. L’obiettivo è rigenerare i centri urbani, valorizzare le economie locali e sostenere le imprese del terziario di mercato. Questo approccio mira a creare un quadro integrato di politiche urbane, favorendo la coesione sociale e contrastando la desertificazione commerciale.
