Ogni anno, nel Lazio, si registrano oltre 32.000 nuovi casi di tumore e più di 46.000 ricoveri ospedalieri legati a patologie oncologiche, secondo i dati forniti dal Registro tumori della Regione. Tra queste diagnosi, il cancro alla prostata rappresenta una delle forme più comuni, con oltre 3.000 nuovi casi annuali. Questi dati evidenziano l’impatto crescente del cancro sulla salute pubblica regionale e la necessità di implementare strategie mirate per la prevenzione, la diagnosi precoce e la continuità assistenziale, con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. Tali argomenti sono stati al centro del tavolo clinico-istituzionale intitolato “Oncologia nel Lazio. Diagnosi precoce, innovazione terapeutica e sostenibilità: migliorare gli outcome di cura”, tenutosi il 9 febbraio 2025 a Roma. Durante l’incontro, istituzioni regionali, clinici, farmacisti e rappresentanti dei pazienti hanno discusso sull’importanza di garantire accesso precoce alla diagnosi e alle cure oncologiche, promuovendo l’appropriatezza prescrittiva e la sostenibilità economica dei percorsi di cura. Un’attenzione particolare è stata rivolta al tumore della prostata, la neoplasia più diffusa tra gli uomini in Italia.
Il contesto oncologico in Italia e nel Lazio
Secondo l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 40.000 nuovi casi di tumore alla prostata. Nonostante i tassi di sopravvivenza a cinque anni superino il 90%, questa forma di cancro rappresenta ancora una sfida significativa: ogni anno, oltre 8.200 decessi sono attribuibili a questa patologia, e si prevede che il numero di nuovi casi aumenti dell’1% all’anno fino al 2040. Nel Lazio, più di 3.000 nuovi casi vengono diagnosticati annualmente, pari al 9,4% di tutte le neoplasie nella regione, come riportato nel documento ufficiale “Pdta-Neoplasia prostatica” della Regione Lazio (Delibera n. 1273 del 10 luglio 2025, Asl Roma 5).
Innovazioni terapeutiche e approccio multidisciplinare
Fabio Calabrò, direttore di Oncologia medica 1 dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena Irccs, ha sottolineato come le principali innovazioni terapeutiche nel trattamento del tumore della prostata stiano cambiando la prospettiva clinica per i pazienti. L’introduzione di farmaci a target molecolare e la medicina di precisione, supportata dall’intelligenza artificiale, hanno l’obiettivo di identificare i soggetti ad alto rischio e personalizzare le terapie, evitando trattamenti non necessari e garantendo l’appropriatezza prescrittiva. Attualmente, in Italia, oltre mezzo milione di persone ha ricevuto una diagnosi di tumore prostatico. La creazione di reti oncologiche regionali e l’attivazione di piattaforme digitali condivise consentono una gestione multidisciplinare, in cui medici di base, specialisti e centri di riferimento collaborano in modo integrato. Questo modello migliora l’accesso alle cure e la sostenibilità del sistema sanitario, garantendo una qualità di vita migliore per i pazienti.
Fattori di rischio e prevenzione
Il tumore della prostata ha origini multifattoriali, con fattori di rischio che includono età, storia familiare, mutazioni genetiche, sindrome metabolica, obesità, stile di vita, alimentazione, fumo e consumo di alcol. In Italia, circa il 27% degli uomini adulti fuma e l’11% è obeso, condizioni che possono contribuire all’aggressività della malattia. Gli esperti evidenziano che circa un paziente su dieci sviluppa una forma ereditaria di tumore alla prostata, e tra coloro che presentano carcinoma metastatico, il 12% ha mutazioni ereditarie nei geni coinvolti nella riparazione del DNA, in particolare nel gene Brca2.
Il ruolo della medicina generale nella rete oncologica
Walter Marrocco, responsabile scientifico della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), ha enfatizzato l’importanza della medicina generale nel percorso oncologico, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce. Il medico di medicina generale deve garantire una presa in carico integrata e continua, contribuendo a superare la frammentazione dei percorsi assistenziali. Grazie all’uso di strumenti digitali e alla collaborazione con specialisti, il medico di famiglia diventa un costruttore attivo dei percorsi di cura, assicurando equità di accesso e qualità delle cure in ogni fase della malattia.
Verso un futuro di cure più efficienti
Il tavolo clinico-istituzionale ha lanciato la sfida di una rete oncologica più efficace e vicina ai cittadini, con un focus su nuovi programmi di screening, collaborazione con i medici di medicina generale e sinergia tra professionisti per garantire cure tempestive e personalizzate. Tra le priorità emerse figurano innovazione, formazione continua e riduzione delle tossicità dei trattamenti, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti e garantire pari opportunità di cura su tutto il territorio.
