A due mesi dall’inizio dell’operazione militare al largo delle coste di Caracas, il presidente americano Donald Trump continua a inviare messaggi contrastanti, suscitando le accuse del presidente venezuelano Nicolas Maduro, che lo accusa di voler appropriarsi del petrolio venezuelano.
Messaggi contrastanti da Washington
Nel corso di un’intervista trasmessa il 3 dicembre 2025 da CBS News, Trump ha espresso il suo scetticismo riguardo a un possibile conflitto armato con il Venezuela, affermando di “dubitare” che gli Stati Uniti entreranno in guerra. Tuttavia, ha anche dichiarato di essere convinto che Maduro abbia “i giorni contati”. Queste affermazioni hanno alimentato le accuse del presidente venezuelano, già incriminato negli Stati Uniti per narcotraffico, secondo cui Washington starebbe utilizzando i raid contro presunti narcos per “imporre un cambio di regime” a Caracas e prendere il controllo delle risorse petrolifere del paese. Dall’inizio di settembre, le forze militari americane hanno condotto oltre 15 operazioni nel Mar dei Caraibi e nel Pacifico, con l’uccisione di almeno 65 individui definiti “narcoterroristi” dall’amministrazione Trump, senza però fornire prove concrete a supporto di queste affermazioni.
Le operazioni militari hanno suscitato la condanna di vari leader regionali, tra cui il presidente colombiano Gustavo Petro, che ha accusato gli Stati Uniti di “omicidio” nei confronti di un pescatore innocente e di “violazione della sovranità ” nelle acque territoriali colombiane. Trump ha risposto accusando Petro di essere il “leader dei narcos”. Diverse figure all’interno del Congresso statunitense e esperti di diritto internazionale hanno messo in discussione la legalità di queste operazioni, che si sono accompagnate a un massiccio dispiegamento di forze militari.
Il dispiegamento militare nella regione
Negli ultimi due mesi, gli Stati Uniti hanno inviato circa 10.000 militari nella regione, schierando almeno otto navi della Marina e un sottomarino al largo delle coste settentrionali del Sud America. Inoltre, bombardieri B-52 e B-1 sono stati inviati a sorvolare le acque venezuelane, mentre lo Strike Group della portaerei Gerald Ford è stato diretto verso la zona. Christopher Sabatini, esperto di America Latina, ha dichiarato che il dispiegamento militare ha lo scopo di “incutere paura” tra i militari venezuelani e l’entourage di Maduro, sperando in una ribellione contro il leader chavista, al potere dal 2013 e rieletto nel 2018 e nel 2024 in elezioni contestate dalla comunità internazionale.
La postura aggressiva di Washington nei confronti di Maduro è il risultato di un conflitto interno all’amministrazione Trump, che ha visto l’emergere dei sostenitori di un cambio di regime, guidati dal segretario di Stato Marco Rubio. Inizialmente, la fazione dialogante, rappresentata dall’inviato speciale Richard Grenell, aveva proposto un approccio più diplomatico, persino viaggiando a Caracas per incontrare Maduro e negoziare il rilascio di prigionieri americani.
La narrativa su Maduro
Con l’arrivo dell’estate, Rubio ha cambiato strategia, definendo Maduro un “orribile dittatore” e sostenendo che la lotta non fosse più solo per la democrazia, ma per difendere gli Stati Uniti dall’infiltrazione dei narcotrafficanti, identificando Maduro come il leader di un’organizzazione criminale. Questa nuova narrativa ha convinto Trump a ordinare al Pentagono di utilizzare la forza militare contro i narcos, raddoppiando la taglia sulla testa di Maduro da 25 a 50 milioni di dollari. A metà ottobre, Trump ha rivelato di aver dato il via libera a operazioni clandestine della CIA in Venezuela, sottolineando l’intensificarsi delle tensioni.
Maduro, che ha guidato il Paese in una crisi politica e economica senza precedenti, ha continuato a accusare Trump di voler “provocare una nuova guerra”, mentre ha cercato sostegno da Cina, Russia e Iran per affrontare la crescente pressione americana.
I possibili scenari futuri
Un sondaggio condotto a fine agosto dalla società di ricerca Panterra ha rivelato che il 70% dei venezuelani si oppone al governo di Maduro, con il 60% favorevole a un sostegno statunitense per la leadership di Maria Corina Machado, che ha recentemente ricevuto il premio Nobel per la pace. Tuttavia, Henrique Capriles, ex candidato presidenziale, ha criticato l’idea di un intervento militare, chiedendo invece nuovi negoziati con Maduro.
Secondo un’analisi di Foreign Affairs, ogni tentativo di cambio di regime in Venezuela, sia aperto che segreto, si troverebbe ad affrontare sfide significative, sottolineando che i tentativi passati sono stati fallimentari e che le minacce di forza potrebbero non costringere Maduro a lasciare il potere. Anche nel caso in cui Washington riuscisse a deporre Maduro, il futuro del Paese rimarrebbe incerto, considerando che le operazioni di cambio di regime storicamente hanno portato a situazioni caotiche e violente.
