I leader europei sono attualmente impegnati nella definizione di “misure per sfruttare appieno i beni immobilizzati”, mentre persistono le divisioni all’interno dell’Unione. Oggi, 5 febbraio 2025, la premier Giorgia Meloni presenterà le sue comunicazioni in Parlamento in vista del Consiglio europeo che si svolgerà domani e dopodomani a Bruxelles.
La premier Meloni ha sottolineato la necessità di “aumentare la pressione sull’economia russa e sulla sua industria della difesa”, finché il presidente Putin non sarà pronto a negoziare la pace. In questo contesto, Meloni ha firmato una dichiarazione congiunta insieme ad altri leader europei, tra cui il primo ministro britannico Keir Starmer, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Questo documento ribadisce la posizione dell’Europa riguardo alla crisi ucraina, che rappresenta uno dei temi principali del vertice di Bruxelles.
Sostegno finanziario a Kiev al centro della discussione
Uno dei punti focali dell’incontro sarà il sostegno finanziario a Kiev per gli anni a venire, con particolare attenzione alle possibilità legate ai beni russi congelati. Fino ad oggi, l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno fornito all’Ucraina un totale di 177,5 miliardi di euro, di cui 63,2 miliardi destinati a supporto militare. Tuttavia, i leader europei ritengono che sia giunto il momento di un passo successivo. Nella dichiarazione congiunta, si afferma che “stiamo sviluppando misure per sfruttare appieno il valore dei beni sovrani russi immobilizzati”, affinché l’Ucraina possa avere accesso alle risorse necessarie. I capi di Stato e di governo hanno anche espresso il loro sostegno alla posizione del presidente Trump, insistendo per una cessazione immediata dei combattimenti e indicando l’attuale linea di contatto come punto di partenza per i negoziati.
Divisioni all’interno dell’Unione europea sugli asset russi
Tuttavia, l’argomento riguardante l’utilizzo degli asset russi continua a rappresentare un problema irrisolto. All’interno dell’Unione non esiste ancora un consenso unanime. Durante il recente vertice informale di Copenaghen, si è registrato un crescente consenso sull’idea di far pagare i costi della guerra non solo ai cittadini europei, ma anche alla Russia. I leader hanno avviato un dibattito su come utilizzare i flussi di cassa derivanti dai beni russi congelati per finanziare prestiti all’Ucraina, con l’intento che Kiev restituisca tali somme solo dopo che Mosca avrà versato le riparazioni di guerra. Questa proposta mira a trasformare un immobilizzo finanziario in uno strumento di solidarietà internazionale.
Tuttavia, il vertice di Copenaghen ha messo in evidenza le divisioni all’interno dell’Unione. Macron ha espresso riserve, definendo il sequestro dei beni come contrario al diritto internazionale. Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha affermato: “Non siamo ladri, non tocchiamo soldi altrui”. Anche la Slovacchia si è opposta a questa iniziativa, mentre il cancelliere tedesco Merz ha mostrato un atteggiamento favorevole.
La posizione italiana e le comunicazioni di Meloni
Giorgia Meloni, nei vari incontri a cui ha partecipato, ha manifestato le proprie perplessità sull’utilizzo dei beni russi congelati, ma sta collaborando con i partner europei per trovare una soluzione. La risoluzione che la maggioranza di centrodestra voterà oggi, a conclusione delle comunicazioni della premier, riflette un approccio cauto. Il governo è invitato a considerare le esigenze urgenti di assistenza finanziaria e di ricostruzione per l’Ucraina, coinvolgendo l’industria europea. Si sottolinea che l’eventuale utilizzo dei beni russi immobilizzati deve essere compatibile con il diritto internazionale. La risoluzione chiede inoltre all’esecutivo di mantenere una forte pressione sulla Russia, seguendo le azioni e le procedure consolidate.
Il monito della Russia all’Italia
Dal Cremlino giunge un monito diretto all’Italia, avvertendo che il Paese “non deve diventare complice del furto del secolo”. L’ambasciatore russo a Roma, Alexei Paramonov, ha affermato che l’utilizzo degli asset russi congelati nell’ambito delle sanzioni per la guerra in Ucraina costituirebbe un “reato finanziario”, ostacolando in modo significativo la possibilità di ripristinare la cooperazione commerciale con la Russia per molti anni. L’ambasciatore ha accusato l’Italia di voler utilizzare tali beni per “comprare armi da aziende americane ed europee per infliggere una sconfitta strategica alla Russia”.
Altri temi in discussione al Consiglio europeo
Oltre alla questione ucraina, il Consiglio europeo del 6 e 7 febbraio affronterà altri argomenti rilevanti, tra cui la situazione in Medio Oriente. I leader discuteranno gli sviluppi recenti nella regione, incluso l’esito del vertice di Sharm El-Sheikh per la pace tenutosi il 13 ottobre, la liberazione di ostaggi e i primi passi della proposta di pace statunitense per Gaza. Anche la difesa europea sarà un tema centrale, soprattutto in seguito agli attacchi ibridi e agli avvistamenti di droni di origine russa vicino a infrastrutture critiche. Nel 2024, la spesa totale dell’Unione per la difesa ha raggiunto i 343 miliardi di euro, segnando un incremento del 19% rispetto al 2023 e del 37% rispetto al 2021.
In agenda ci saranno anche le politiche migratorie e la competitività dell’Unione, focalizzandosi su tre aree principali: semplificazione della normativa europea, transizione ecologica e digitalizzazione. Si prevede un dibattito anche sul caro casa, con la Commissione europea al lavoro su un piano per garantire alloggi a prezzi accessibili. Sebbene non sia formalmente all’ordine del giorno, la questione dei dazi rimane un tema caldo. Nonostante le voci di un possibile dialogo diretto tra Meloni e la Casa Bianca, la posizione del governo italiano resta chiara: le trattative commerciali con Washington sono di competenza della Commissione europea, mentre sul fronte della pasta si sta svolgendo un confronto bilaterale. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato che a inizio dicembre sarà a Washington per discutere anche dei “dazi antidumping” imposti su alcune aziende italiane.
