Cancro all’ovaio: si prospetta un nuovo approccio con immunoterapia e chemioterapia

Franco Fogli

Ottobre 20, 2025

Il cancro ovarico continua a rappresentare una delle forme tumorali più insidiose, con una prognosi sfavorevole. Secondo i dati del 2022, in Italia si sono registrati circa 5.400 nuovi casi e 3.600 decessi, con una sopravvivenza a cinque anni che si attesta al 43%. A livello globale, il numero di diagnosi ha raggiunto le 324.000 unità, con quasi 207.000 decessi. La situazione è allarmante, con previsioni che indicano un incremento del 42% dei nuovi casi entro il 2040. Durante il congresso annuale della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo), tenutosi a Berlino, sono stati presentati i risultati di uno studio clinico di fase 3, il Keynote-B96, che ha mostrato progressi significativi nel trattamento delle pazienti con recidiva di carcinoma ovarico platino-resistente.

Dettagli dello studio e risultati

Lo studio ha esaminato l’efficacia del pembrolizumab, un farmaco anti-PD1 sviluppato da Msd, in combinazione con la chemioterapia, che include il paclitaxel e, in alcuni casi, il bevacizumab. I risultati preliminari, ottenuti dopo un follow-up mediano di 15,6 mesi, hanno dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS), il principale obiettivo dello studio. In particolare, il trattamento con pembrolizumab ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 30% rispetto al gruppo di controllo che riceveva placebo in associazione con chemioterapia.

Il tasso di PFS a 12 mesi per le pazienti sottoposte al trattamento con pembrolizumab è stato del 33,1%, rispetto al 21,3% per quelle trattate con placebo. Inoltre, tra le pazienti il cui tumore esprimeva PD-L1, il trattamento ha ridotto il rischio di progressione o morte del 28%. Questo è un passo significativo, considerando che le opzioni terapeutiche per le pazienti con carcinoma ovarico resistente al platino sono attualmente limitate.

Impatto clinico e prospettive future

Nicoletta Colombo, direttrice del Programma di Oncologia Ginecologica presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha sottolineato l’importanza di questi risultati. Ha affermato che rappresentano un notevole progresso nel trattamento del carcinoma ovarico ricorrente resistente al platino, suggerendo che l’integrazione di pembrolizumab alla chemioterapia potrebbe diventare un’opzione terapeutica valida per queste pazienti.

Alla seconda analisi ad interim, con un follow-up mediano di 26,6 mesi, il regime a base di pembrolizumab ha mostrato anche un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (OS). In particolare, per le pazienti il cui tumore esprimeva PD-L1, il trattamento ha ridotto il rischio di morte del 24% rispetto al gruppo di controllo. I tassi di OS a 12 mesi sono stati del 69,1% per le pazienti trattate con pembrolizumab, rispetto al 59,3% per quelle trattate con placebo.

Gursel Aktan, vice president di Merck Research Laboratories, ha evidenziato che questi risultati potrebbero rivoluzionare il trattamento per le pazienti con carcinoma ovarico ricorrente resistente al platino, aprendo nuove strade terapeutiche e migliorando le prospettive per le pazienti affette da questa malattia complessa. La comunità scientifica attende con interesse ulteriori sviluppi e conferme da studi futuri.

×