Budapest, il nuovo centro del potere globale: Orbán festeggia con Trump e Putin

Marianna Ritini

Ottobre 17, 2025

Viktor Orbán, primo ministro ungherese dal 2010 e già in carica dal 1998 al 2002, rappresenta una figura controversa e influente nel panorama politico globale. La sua evoluzione da giovane liberale a leader autoritario ha ispirato movimenti populisti di destra in tutto l’Occidente. Recentemente, la notizia che il prossimo incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump si svolgerà a Budapest evidenzia una tendenza politica che si è consolidata nel tempo.

Le origini con Soros

La carriera politica di Orbán è caratterizzata da una sorprendente inversione di rotta, incentrata sulla figura di George Soros. Nel 1989, Orbán, allora un attivista anti-comunista e co-fondatore del partito Fidesz, ricevette una borsa di studio da Soros per studiare la società civile al Pembroke College di Oxford. In quel periodo, Soros stava sostenendo i gruppi dissidenti ungheresi, fornendo loro strumenti per contrastare il monopolio informativo del Partito Comunista. Orbán e i suoi compagni furono tra i primi a beneficiare di questo supporto. Soros contribuì anche finanziariamente al neonato Fidesz, vedendo in Orbán un rappresentante del liberalismo emergente. Tuttavia, questa alleanza si è trasformata in un’ostilità feroce: oggi Orbán considera Soros il nemico pubblico numero uno, espellendo la Central European University fondata dal finanziere e costruendo una narrativa politica che lo presenta come una minaccia.

La democrazia illiberale

Il luglio 2014 segna una svolta decisiva per Orbán, che espone per la prima volta il suo progetto politico. Durante un discorso a Băile Tuşnad, in Romania, annunciò l’intenzione di creare “un nuovo stato illiberale basato su valori nazionali”, citando come modelli la Cina, la Russia e la Turchia. Orbán affermò che era possibile costruire uno stato illiberale all’interno dell’Unione Europea, un modello che implica l’abolizione dei meccanismi di controllo tipici delle democrazie liberali. Dalla sua ascesa al potere nel 2010, Fidesz ha riscritto la Costituzione e riorganizzato la Corte Costituzionale, creando una legge elettorale che favorisce il partito al governo e istituendo un’autorità di controllo sulla stampa. Questo ha portato a una democrazia in cui, sebbene si voti ancora, il potere esecutivo ha margini di manovra molto ampi, rendendo difficile per l’opposizione competere efficacemente. L’unico vero sfidante emerso negli ultimi quindici anni, Péter Magyar, era un insider del sistema Orbán.

Il modello ungherese come ispirazione per Trump e il Maga

Negli ultimi anni, l’influenza di Orbán sulla destra americana è diventata un elemento centrale della politica statunitense. La Heritage Foundation, un’organizzazione conservatrice che sostiene il Project 2025, ha adottato esplicitamente il modello ungherese come riferimento per una futura amministrazione conservatrice. Il presidente della fondazione, Kevin Roberts, ha definito l’Ungheria “il modello” per l’istituzionalizzazione della politica culturale conservatrice. Orbán ha coltivato attivamente legami con la destra americana, inviando copie della sua Costituzione ai membri del Congresso e ospitando legislatori repubblicani a Budapest. La destra americana vede nell’esperienza ungherese la prova che è possibile concentrare il potere nell’esecutivo e rimuovere funzionari pubblici considerati ostili, seguendo l’esempio di Orbán che ha purgato il settore pubblico.

Dal Ppe ai Patrioti: la strategia europea di Orbán

L’espulsione di Orbán dal Partito Popolare Europeo nel marzo 2021, dopo anni di conflitti, avrebbe potuto segnare la sua marginalizzazione nell’arena europea. Invece, il primo ministro ungherese ha trasformato questa situazione in un’opportunità per riorganizzare la destra europea. Nel giugno 2024, insieme all’ex premier ceco Andrej Babiš e all’austriaco Herbert Kickl, Orbán ha lanciato l’alleanza “Patrioti per l’Europa”, che si è formalmente costituita come gruppo parlamentare l’8 luglio successivo. Questa alleanza ha portato a un significativo rimescolamento delle forze politiche europee, con diversi partiti di destra che hanno abbandonato le loro precedenti collocazioni per unirsi al nuovo cartello guidato da Orbán.

Il rapporto con Putin e l’opposizione alle sanzioni Ue

Oggi, Orbán è considerato il più vicino alleato di Vladimir Putin all’interno dell’Unione Europea. Dal febbraio 2022, l’Ungheria ha rifiutato di fornire armi all’Ucraina e ha minacciato di porre il veto ai pacchetti di sanzioni europee contro la Russia. A gennaio 2025, Orbán ha avvertito che avrebbe bloccato l’estensione delle sanzioni economiche dell’Unione Europea, ottenendo concessioni scritte dagli altri stati membri prima di ritirare il veto. A marzo 2025, ha tentato di annacquare le sanzioni individuali contro oligarchi e funzionari russi, richiedendo la rimozione di alcuni nomi dalla lista. Orbán giustifica questa posizione presentandosi come l’unico leader “pro-pace” in Europa, sostenendo che la guerra deve essere risolta attraverso negoziati.

L’uscita dalla Corte penale internazionale

Nel maggio 2025, l’Ungheria ha annunciato il suo ritiro dalla Corte penale internazionale, diventando il primo stato membro dell’Unione Europea a farlo. La decisione è stata comunicata al Segretario Generale dell’Onu il 2 giugno, dopo un voto parlamentare avvenuto il 20 maggio. Orbán ha giustificato questo passo sostenendo che la Corte è diventata un “organismo politicamente motivato” e ha enfatizzato l’importanza della sovranità statale. Sebbene l’Ungheria non avesse mai ratificato lo Statuto di Roma, il messaggio politico è chiaro: Orbán si oppone alle istituzioni di giustizia internazionale quando queste colpiscono i suoi alleati.

La nuova stirpe di leader: il summit di Budapest

L’annuncio dell’incontro tra Trump e Putin a Budapest rappresenta un traguardo per Orbán, legittimandolo come figura centrale in un nuovo ordine mondiale. Il premier ungherese ha affermato che Budapest è “l’unico posto in Europa” in cui un simile incontro potrebbe avvenire, sottolineando la posizione dell’Ungheria come paese pro-pace. Orbán ha presentato l’incontro come il risultato di una politica coerente di opposizione al sostegno occidentale all’Ucraina, descrivendo la creazione di una rete globale di leader che cercano soluzioni pacifiche. Questa narrazione segna la formalizzazione di una nuova alleanza tra leader che sfidano l’ordine liberale internazionale, con Budapest che emerge come simbolo di una nuova geopolitica, un ponte tra Est e Ovest, costruito sulla retorica della sovranità nazionale.

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