Il 14 ottobre 2025, il presidente russo Vladimir Putin si presenta come un avversario ostico nel contesto del conflitto ucraino, secondo le dichiarazioni di Stefano Stefanini, ex ambasciatore alla NATO e attuale senior advisor dell’Ispi. Durante un’intervista con l’agenzia Adnkronos, Stefanini ha sottolineato l’importanza dell’incontro previsto tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente americano Donald Trump, che si terrà alla Casa Bianca. La questione centrale riguarda la possibile disponibilità di Trump a fornire missili Tomahawk all’Ucraina, un gesto che, secondo Stefanini, rappresenterebbe una significativa vittoria per Zelensky.
Stefanini ha evidenziato che se Zelensky dovesse uscire dall’incontro con una promessa concreta da parte di Trump, ciò conferirebbe all’Ucraina una maggiore capacità di resistenza e dimostrerebbe il sostegno dell’Occidente. La situazione attuale è descritta come cruciale, con un tempismo ideale per esercitare pressioni sulla Russia. La strategia di Trump, secondo l’ex ambasciatore, si basa sull’idea di infliggere costi alla Russia per spingerla a negoziare, utilizzando i Tomahawk come un avvertimento per Putin.
L’eventuale concessione di questi missili non solo ridurrebbe il timore di un abbandono da parte degli Stati Uniti, ma potrebbe anche avvicinare la prospettiva di un cessate il fuoco, un obiettivo condiviso da Zelensky, dai leader europei e da Trump stesso. Questo approccio legittima la strategia europea, che ha come priorità la salvaguardia della NATO e il rafforzamento dell’impegno americano per la sicurezza europea, anche a costo di affrontare difficoltà economiche.
Il paradigma usato in Medio Oriente funzionerà anche in Ucraina?
Stefanini ha espresso riserve sulla possibilità che il paradigma di negoziazione usato in Medio Oriente possa essere efficace nel contesto ucraino. Ha sottolineato che, secondo Trump, le decisioni dei paesi sono spesso influenzate da interessi economici, ma la situazione con la Russia è complessa. La Russia, a causa del conflitto, sta già affrontando un costo economico e umano significativo. La diplomazia di Trump, definita “transattiva”, potrebbe costringere la Russia a valutare seriamente i costi e i benefici di un accordo, ma la sensibilità diplomatica di Putin è di natura diversa.
Inoltre, Stefanini ha messo in evidenza che Trump non ha ancora affrontato in modo significativo le sanzioni secondarie, che colpiscono i paesi che acquistano petrolio russo, come la Turchia e l’India. Queste sanzioni potrebbero rappresentare un’arma strategica nella negoziazione con la Russia.
Il ruolo della Turchia
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan potrebbe svolgere un ruolo cruciale in questo scenario. Stefanini ha suggerito che Trump potrebbe cercare il supporto di Erdogan, che gode di un certo rispetto da parte di Putin. La dinamica è simile a quella osservata in Medio Oriente, dove paesi come il Qatar e l’Egitto hanno contribuito a mediare tra Hamas e Israele. Tuttavia, la situazione con Putin è molto più complessa.
Stefanini ha osservato che Hamas ha ceduto in parte a causa di una sconfitta militare e ha dovuto scegliere tra la resistenza e la sopravvivenza politica. Al contrario, la Russia, sostenuta da potenze come Xi Jinping, rappresenta una sfida ben più articolata. La possibilità di un accordo duraturo dipende da molteplici fattori, tra cui la reazione della Russia alle pressioni internazionali e la capacità di Trump di utilizzare efficacemente la diplomazia.