Benjamin Netanyahu, attuale primo ministro di Israele, si trova al centro di un caso giudiziario che ha attirato l’attenzione internazionale. Accusato di aver accettato regali di lusso, tra cui sigari, gioielli e champagne, per un valore che supera i 260.000 dollari, Netanyahu e sua moglie, Sara, sono implicati in presunti favoritismi politici in cambio di beni ricevuti da facoltosi individui. Le accuse, che includono corruzione, frode e abuso d’ufficio, sono emerse in tre distinti casi legali, tutti interconnessi.
Il processo di Netanyahu a Gerusalemme
Il 14 ottobre 2025, Netanyahu dovrà presentarsi davanti al tribunale distrettuale di Gerusalemme, dove dovrà testimoniare nel suo processo. Questa udienza si svolgerà dopo che i giudici hanno respinto la sua richiesta di rinvio, nonostante la presenza di incontri diplomatici urgenti, incluso uno con il presidente di Cipro, Nikos Christodoulides. La precedente udienza era già stata posticipata a causa della festività di Sukkot, ma i giudici hanno ritenuto che non fosse opportuno ulteriormente procrastinare il procedimento.
Il primo ministro, che è diventato il primo capo di governo israeliano a essere incriminato nel 2019, ha sempre respinto le accuse, dichiarandosi “non colpevole” e definendo il processo una “caccia alle streghe” orchestrata dalla sinistra. La sua difesa si basa sull’idea che le accuse siano motivate da ragioni politiche piuttosto che da fatti reali.
Le accuse nel dettaglio
Nel cosiddetto “Caso 1000“, Netanyahu è accusato di aver ricevuto regali sotto forma di casse di sigari e champagne da miliardari in cambio di favori politici. Questa situazione ha attirato l’attenzione anche del presidente americano, Donald Trump, che, durante un intervento alla Knesset, ha suggerito di concedere una grazia a Netanyahu. Trump ha minimizzato la gravità della situazione, affermando che “sigari e un po’ di champagne, chi se ne importa”.
In un contesto più ampio, il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, ha criticato l’interferenza di Trump nel processo giudiziario, sottolineando l’importanza dell’indipendenza del sistema legale in Israele.
Altre accuse riguardano il “Caso 4000“, dove Netanyahu è accusato di aver approvato regolamenti favorevoli per la compagnia di telecomunicazioni Bezeq, in cambio di una copertura mediatica positiva da parte del sito di informazione Walla. Nel “Caso 2000“, invece, si sostiene che Netanyahu abbia cercato di ottenere una copertura favorevole sul quotidiano Yedioth Ahronot in cambio di vantaggi economici per un concorrente.
Le implicazioni politiche e giuridiche
Il processo, che ha avuto inizio il 24 maggio 2020, ha subito ritardi significativi, in parte a causa delle strategie dilatorie adottate dalla difesa di Netanyahu. L’ex capo dell’agenzia per la sicurezza interna israeliana ha accusato il primo ministro di utilizzare il suo potere esecutivo per ostacolare il procedimento legale. È importante notare che, secondo la legge israeliana, un primo ministro incriminato non è obbligato a dimettersi fino a una condanna definitiva.
Dal suo insediamento alla fine del 2022, Netanyahu ha promosso una serie di riforme giudiziarie che sono state criticate come tentativi di indebolire il potere dei tribunali. Queste proposte hanno scatenato imponenti manifestazioni di protesta, che sono state interrotte solo dall’inizio del conflitto a Gaza. Netanyahu è anche oggetto di un mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale per presunti crimini di guerra legati all’offensiva contro Hamas.
In un post su Truth Social, Trump ha descritto i processi contro Netanyahu come una “caccia alle streghe politica”, paragonandola a quella che ha subito durante il suo mandato. Le tensioni politiche e le questioni legali continuano a intrecciarsi, rendendo questo caso uno dei più seguiti nella storia recente di Israele.