Il 30 settembre 2025, la Casa Bianca ha reso noto il “piano comprensivo del presidente Trump per la fine del conflitto a Gaza”, un’iniziativa che il presidente statunitense ha definito come parte della sua visione per una “pace eterna in Medio Oriente”. Il piano prevede venti punti chiave, tra cui la cessazione delle ostilità , il rilascio degli ostaggi rapiti in Israele entro 72 ore dall’accettazione dell’accordo e un’amnistia per i membri di Hamas che deporranno le armi.
Lo scambio di ostaggi
Il primo passo delineato nel piano consiste nello scambio di ostaggi entro 72 ore dall’accettazione pubblica dell’accordo da parte di Israele. Questo scambio prevede la liberazione di prigionieri israeliani, sia vivi che deceduti, in cambio di 250 detenuti palestinesi condannati all’ergastolo e di 1.700 persone arrestate nella Striscia di Gaza a seguito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Durante questa fase, tutte le operazioni militari israeliane saranno sospese e le linee di combattimento rimarranno congelate fino al completamento del ritiro programmato.
Hamas, l’amnistia e il nuovo governo
Il piano stabilisce che i membri di Hamas disposti a perseguire una coesistenza pacifica e a smilitarizzarsi potranno beneficiare di un’amnistia. Coloro che desiderano lasciare Gaza potranno farlo in sicurezza. Israele garantirà un ritiro graduale da alcune aree della Striscia, senza occupare o annettere il territorio e senza costringere nessuno a partire. Tuttavia, il piano presenta alcune incertezze: non sono specificati i dettagli operativi riguardanti le linee di ritiro israeliano, le modalità di rilascio degli ostaggi, i criteri per la selezione dei prigionieri palestinesi da liberare e la tempistica per il passaggio del controllo a Gaza all’Autorità Palestinese. L’assistenza umanitaria verrà incrementata e gestita da organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e la Croce Rossa, indipendenti dalle parti in conflitto.
In merito alla governance, il piano prevede un’amministrazione temporanea composta da un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, sotto la supervisione di un organismo internazionale chiamato “Board of peace”. Questo organismo, presieduto da Trump e comprendente figure come l’ex premier britannico Tony Blair, avrà il compito di coordinare la ricostruzione di Gaza e di preparare il trasferimento sicuro del controllo all’Autorità Palestinese al termine del programma di riforme, senza però stabilire una tempistica chiara.
Lo Stato palestinese
Una delle questioni più delicate trattate nel piano riguarda la questione dello Stato palestinese. Questa possibilità viene menzionata come una prospettiva condizionata, affermando che, mentre si procederà con la ricostruzione di Gaza e l’attuazione del programma di riforme dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), potrebbero maturare le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese. Tuttavia, questo riconoscimento è subordinato alla smilitarizzazione di Hamas, alla riforma dell’ANP e alla supervisione internazionale, senza alcun impegno formale da parte degli Stati Uniti per un riconoscimento immediato dello Stato.
Le ambiguitÃ
Il piano presenta anche ambiguità strategiche che potrebbero consentire a entrambe le parti di dichiararsi favorevoli, pur cercando di ostacolarne l’attuazione nelle fasi successive delle trattative. Non vengono specificate la composizione e le responsabilità del comitato tecnocratico, né il ruolo concreto della comunità internazionale nella garanzia della sicurezza e nello sviluppo della Striscia. Queste lacune operative potrebbero ostacolare l’effettiva implementazione del piano.
Nonostante il piano preveda misure di emergenza umanitaria e l’invio immediato di aiuti tramite organizzazioni internazionali, non chiarisce in modo esaustivo il destino dei membri di Hamas che potrebbero scegliere l’esilio, né come verranno gestiti i rapporti con la popolazione civile di Gaza, ancora sottoposta a forti pressioni a causa dei bombardamenti israeliani. Il piano di Trump, quindi, si configura più come un insieme di principi e linee guida piuttosto che come un accordo dettagliato in grado di porre fine immediatamente e concretamente al conflitto.