La recente ricerca condotta dal Karolinska Institutet ha portato alla luce un innovativo test, denominato ‘Core’, capace di predire il rischio di sviluppare gravi malattie epatiche. Questo studio, pubblicato nella rivista ‘BMJ’ il 30 settembre 2025, ha dimostrato l’affidabilità del test, il quale si basa su cinque fattori chiave: età , sesso e tre esami del sangue di routine. I ricercatori svedesi, guidati da Rickard Strandberg e Hannes Hagström, hanno evidenziato come questo metodo potrebbe essere implementato nelle cure primarie, permettendo una diagnosi precoce di condizioni come la cirrosi e il cancro al fegato.
Il test ‘Core’ e la sua metodologia
Il test ‘Core’ si distingue per la sua semplicità e per l’utilizzo di dati facilmente accessibili. I cinque fattori su cui si basa includono non solo l’età e il sesso, ma anche i livelli di tre enzimi epatici comuni: AST, ALT e GGT, che vengono misurati durante le visite mediche di routine. Questo approccio consente di avere un quadro chiaro della salute epatica del paziente, facilitando l’individuazione di chi potrebbe essere a rischio di sviluppare gravi patologie nel corso dei successivi dieci anni. Rickard Strandberg, ricercatore del Dipartimento di Medicina del Karolinska Institutet, ha sottolineato l’importanza di un approccio proattivo nella diagnosi di malattie epatiche, che, se non trattate precocemente, possono avere esiti fatali.
Lo studio e i risultati ottenuti
Il team di ricerca ha analizzato i dati di oltre 480.000 persone residenti a Stoccolma, sottoposte a controlli sanitari tra il 1985 e il 1996. Seguendo i partecipanti per un periodo che ha raggiunto i 30 anni, gli scienziati hanno scoperto che circa l’1,5% di essi ha sviluppato malattie epatiche gravi, come cirrosi o cancro, o ha necessitato di un trapianto. Il modello ‘Core’ ha dimostrato un’accuratezza del 88% nel distinguere tra individui malati e sani, risultando quindi più efficace rispetto al metodo Fib-4 attualmente in uso. Hannes Hagström, professore associato e ricercatore principale dello studio, ha evidenziato come questo strumento rappresenti un passo significativo verso lo screening precoce delle malattie epatiche nelle cure primarie.
Prospettive future e necessità di ulteriori test
Nonostante i risultati promettenti, i ricercatori avvertono che è fondamentale testare ulteriormente il modello ‘Core’ su gruppi ad alto rischio, come le persone affette da diabete di tipo 2 o obesità . Inoltre, è necessario integrare il test nei sistemi di cartelle cliniche per garantire un uso pratico e sistematico. La ricerca è il risultato di una collaborazione tra il Karolinska Institutet, l’ospedale universitario di Helsinki, l’università di Helsinki e l’Istituto finlandese per la salute e il welfare, ed è stata finanziata da diverse istituzioni, tra cui il Consiglio svedese per la ricerca e la Regione di Stoccolma. Hagström ha confermato il suo impegno in collaborazioni con l’industria farmaceutica riguardo alla prognosi delle malattie epatiche, sebbene nessuna di queste sia attualmente correlata allo studio in questione.