Il 29 settembre 2025, il Tribunale per i minorenni di Milano ha emesso una sentenza che ha scosso l’opinione pubblica, condannando a vent’anni di carcere Riccardo C., un giovane di diciassette anni all’epoca dei fatti. Il ragazzo è stato ritenuto colpevole di aver assassinato la propria famiglia, un drammatico evento avvenuto tra il 31 agosto e il primo settembre 2024 a Paderno Dugnano, un comune alle porte di Milano. La sentenza ha evidenziato la premeditazione dell’atto, descritto dal giudice come un piano “organizzato nel dettaglio” volto a “eliminare i legami familiari”.
La dinamica del crimine
Il piano di Riccardo ha subito una svolta inaspettata quando, durante l’atto omicida, il ragazzo ha colpito il fratello, risvegliando così i genitori. Nonostante questo, il giovane ha continuato il suo attacco, dimostrando una “lucidità e freddezza rilevanti”, come sottolineato nelle motivazioni della sentenza. Il Tribunale ha descritto come Riccardo, dopo aver inflitto la prima coltellata, abbia attentamente atteso l’arrivo dei genitori nella cameretta, sfruttando l’effetto sorpresa per portare a termine il suo obiettivo. La brutalità dell’atto, che ha portato alla morte della madre Daniela, del padre Fabio e del fratello di soli 12 anni, ha lasciato un segno indelebile nella comunità.
Le considerazioni del giudice
Il giudice ha preso in considerazione le attenuanti legate alla minore età di Riccardo, ma ha ritenuto che la premeditazione fosse evidente. Nonostante una perizia avesse certificato un vizio parziale di mente, il Tribunale ha stabilito che il giovane non fosse in uno stato di instabilità psichica tale da giustificare le sue azioni. Le motivazioni, che si estendono su circa 50 pagine, mettono in luce come Riccardo, nonostante le circostanze, avesse mantenuto un alto livello di organizzazione mentale durante l’intero crimine, dimostrando di essere pienamente consapevole delle sue azioni.
La mente di un giovane omicida
Nel corso della sentenza, il collegio giudicante ha descritto il pensiero di Riccardo come “stravagante”, evidenziando come la sua convinzione di poter raggiungere l’immortalità attraverso l’eliminazione della propria famiglia fosse un proposito malsano. Tuttavia, i giudici hanno anche sottolineato che, nonostante la bizzarria del suo pensiero, Riccardo era in grado di controllarlo e di agire in modo coerente con l’idea di vendetta, alimentata da sentimenti di rabbia e odio. La varietà e l’accanimento delle lesioni inflitte, specialmente nei confronti della madre e del fratello, sono stati interpretati come manifestazioni di questi sentimenti estremi.
Il verdetto finale
L’analisi del funzionamento mentale di Riccardo ha portato il Tribunale a concludere che non vi fosse alcuna evidenza di instabilità psichica. Il ragazzo ha mostrato un comportamento coerente e pianificato, mantenendo il controllo su se stesso durante tutte le fasi del delitto. La sentenza ha quindi confermato la gravità delle azioni di Riccardo, che ha agito con un’intelligenza di condotta che ha portato alla tragica morte dei suoi familiari, segnando un capitolo oscuro nella cronaca di Paderno Dugnano.