Asl rifiuta il fine vita, un 79enne ligure perde la vita in Svizzera

Marianna Ritini

Settembre 24, 2025

Un uomo di 79 anni, residente in Liguria, ha scelto di porre fine alla sua vita attraverso il suicidio medicalmente assistito in Svizzera, dopo aver affrontato una lunga battaglia contro una grave malattia neurodegenerativa. Questo tragico evento è avvenuto lunedì 22 settembre 2025, e ha sollevato interrogativi riguardo ai diritti e alle procedure per l’accesso a tali pratiche in Italia.

Il caso di Fabrizio e la sua malattia

Fabrizio (nome di fantasia per proteggere la privacy), affetto da una malattia neurodegenerativa progressiva e irreversibile, ha visto deteriorare drasticamente la sua qualità di vita. A causa della sua condizione, ha perso completamente la capacità di parlare e ha sviluppato gravi disturbi motori, che lo hanno costretto a comunicare solo tramite gesti e con un tablet. La sua situazione era ulteriormente complicata da una tromboembolia polmonare, che lo costringeva a sottoporsi a ossigenoterapia durante il sonno. Nonostante queste difficoltà, il Servizio sanitario della Regione Liguria ha dichiarato che Fabrizio non necessitava di alcun trattamento di sostegno vitale, un requisito essenziale per accedere legalmente alla morte volontaria assistita in Italia, secondo la sentenza della Corte CostituzionaleCappato-Antoniani” 242/2019.

Il percorso legale e la decisione di andare in Svizzera

Nel febbraio 2025, Fabrizio ha richiesto una verifica delle sue condizioni per valutare la possibilità di accedere al suicidio assistito. Tuttavia, dopo un primo diniego ricevuto a maggio, ha deciso di opporsi alla decisione della Asl, assistito dal gruppo legale dell’Associazione Luca Coscioni, guidato dall’avvocata Filomena Gallo. La richiesta di rivalutazione del suo stato è stata presentata alla luce della giurisprudenza costituzionale, che fornisce indicazioni su cosa debba intendersi per sostegno vitale.

Le nuove visite mediche sono state effettuate a luglio, ma Fabrizio non ha mai ricevuto una risposta. Non volendo prolungare la sua sofferenza, ha scelto di recarsi in Svizzera per accedere al suicidio assistito. Prima di partire, ha espresso il suo pensiero con una citazione di Fernando Pessoa, sottolineando la sua determinazione a porre fine a una vita che percepiva come un viaggio di sofferenza.

Il ruolo dell’associazione e delle accompagnatrici

Durante il suo viaggio verso la Svizzera, Fabrizio è stato accompagnato da Roberta Pelletta e Cinzia Fornero, membri di Soccorso Civile, un’associazione che offre supporto a persone in determinate condizioni che desiderano porre fine alle loro sofferenze in paesi dove il suicidio assistito è legale. Marco Cappato, presidente e rappresentante legale dell’associazione, ha sottolineato l’importanza di garantire che le persone abbiano accesso a scelte di vita dignitose, specialmente quando si trovano in situazioni di estrema sofferenza.

Questo caso ha riacceso il dibattito in Italia sulla legalizzazione del suicidio assistito e sull’importanza di garantire diritti e dignità a chi vive condizioni di vita insopportabili. La questione continua a sollevare interrogativi sulla legislazione vigente e sulla necessità di un approccio più umano e comprensivo verso le scelte individuali in materia di fine vita.

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