Alae Al Said: l’artista che racconta la Palestina attraverso la musica

Franco Fogli

Settembre 21, 2025

Il 21 settembre 2025, alle 11:05, durante il festival letterario Pordenonelegge, la scrittrice italo-palestinese Alae Al Said ha presentato il suo romanzo “Il ragazzo con la kefiah arancione“, pubblicato da Ponte alle Grazie. L’opera affronta il tema dei diritti umani, mettendo in luce la tragedia di un popolo spesso raccontato da voci esterne. Al Said utilizza la letteratura come strumento di resistenza e memoria, sottolineando l’importanza di narrare la propria storia.

La storia personale di Alae Al Said

Alae Al Said è nata a Roma nel 1991 da genitori palestinesi ed è cittadina italiana. La sua identità è stata frequentemente messa in discussione, come ha raccontato in un’intervista all’Adnkronos. Fin da giovane, quando si identificava come palestinese, si è trovata a fronteggiare domande scomode e incomprensioni. “Quando dicevo che ero palestinese, spesso mi rispondevano: ah, pakistana? Come se la Palestina non esistesse”, ha affermato. Questa esperienza l’ha portata a riflettere sull’identità e sulla politica sin dall’età di dieci anni.

Da piccola, Al Said scriveva poesie, ma crescendo ha trovato nel romanzo la forma adatta per esprimere un “dolore collettivo”. La sua scrittura si concentra sulla narrazione di una patria spezzata e di un’identità che si trasmette attraverso la “memoria collettiva”. Anche se non ha vissuto direttamente eventi storici come l’esodo del 1948 o la guerra del 1967, sente profondamente il dolore del suo popolo. “Le ferite del mio popolo le sento dentro di me”, ha dichiarato, paragonando la sua esperienza a quella di un italiano che porta dentro di sé la memoria del 25 aprile, Festa della Liberazione.

Il romanzo e i suoi temi

Il ragazzo con la kefiah arancione” è ambientato tra gli anni ’60 e ’90 nella Cisgiordania occupata. La storia di Loai, un giovane dai capelli rossi e dallo spirito gentile, diventa simbolo di un’intera generazione. Attraverso le esperienze di Loai, che va dai banchi di scuola alla guerra dei Sei Giorni, Al Said racconta un percorso di riscatto personale intrecciato con la resistenza collettiva di un popolo in difficoltà.

La scrittrice ha spiegato perché ha scelto di scrivere questo romanzo in un momento così critico: “Oggi assistiamo, in tempo reale e in alta definizione, al genocidio del mio popolo. Non possiamo più nasconderci dietro l’ignoranza“. Al Said sottolinea l’importanza di affrontare la realtà e di utilizzare gli strumenti a disposizione per fermare la violenza, affermando che l’inazione rende tutti complici.

Il significato della scrittura per Alae Al Said

Per Alae Al Said, scrivere rappresenta una forma di lotta e un atto d’amore verso la propria storia. “I palestinesi sono sempre stati raccontati da altri. Mai soggetti attivi della propria narrazione“, ha dichiarato. Con il suo romanzo, Al Said intende riprendere in mano la propria storia e raccontarla con le parole giuste, restituendo dignità al dolore del suo popolo.

Il riferimento a Mahmoud Darwish, illustre poeta palestinese, evidenzia l’importanza della narrazione. “Chi impone il proprio racconto eredita la terra del racconto”, ha detto. Al Said considera la narrazione come un campo di battaglia, ma anche come un luogo di umanità. “Se ti dico che durante la Nakba sono fuggiti 800.000 palestinesi, è solo un numero. Ma se ti racconto la storia di un bambino che ha perso il padre, allora riesci a sentire il mio dolore”, ha spiegato.

In un’epoca in cui la disumanizzazione è diventata un’arma potente, “Il ragazzo con la kefiah arancione” emerge come un’opera che restituisce “volto, voce e cuore a chi da troppo tempo ne è stato privato”.

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