A trentacinque anni dall’omicidio di Rosario Angelo Livatino, il 21 settembre 1990, l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, in sinergia con la Regione Siciliana, rende omaggio alla figura di questo giovane magistrato attraverso la pubblicazione di un’opera intitolata “Rosario Livatino tra Diritto e Fede“. Il volume, curato dal giurista Gaetano Armao, docente di Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Palermo, celebra la memoria di Livatino, ucciso a soli 38 anni per mano mafiosa e proclamato beato da Papa Francesco il 9 maggio 2021 come martire “in odium fidei”. Questa pubblicazione coincide con il Giubileo degli operatori di giustizia, un momento significativo per riflettere sui valori di legalità e giustizia.
Un simbolo di legalità e giustizia
Rosario Livatino, noto come il “giudice studente”, si distinse per la sua passione per lo studio e per la sua riservatezza. La sua figura è oggi un emblema di legalità silenziosa e coraggiosa. Livatino, magistrato integerrimo, dedicò la sua vita alla lotta contro l’illegalità, percependo la professione come una vocazione al servizio del bene comune. La sua attitudine riservata lo portò a non cercare mai visibilità mediatica, concentrandosi invece su indagini cruciali riguardanti la criminalità organizzata agrigentina. La sua vita fu tragicamente interrotta il 21 settembre 1990, quando un commando mafioso lo assassinò sul viadotto Gasena mentre si recava in tribunale, senza scorta.
Il curatore del volume, Gaetano Armao, sottolinea come l’impegno professionale e la forza morale di Livatino ne facessero un magistrato motivato e dedito al suo lavoro. Livatino rappresentava un diritto siciliano convinto che il riscatto della propria terra potesse avvenire solo attraverso l’onestà, il senso del dovere e la giustizia. La sua figura continua a ispirare le nuove generazioni, testimoniando un modello di integrità e dedizione.
Un’opera per la memoria collettiva
Il volume “Rosario Livatino tra Diritto e Fede” raccoglie contributi significativi da parte di personalità del mondo accademico e istituzionale, tra cui il rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Inoltre, il libro include le conclusioni dello stesso Armao e riporta integralmente la tesi in diritto urbanistico regionale che Livatino presentò nell’aprile del 1990, pochi mesi prima della sua morte.
Questa tesi, rimasta a lungo inedita e discussa con il massimo dei voti, offre un’importante testimonianza della formazione intellettuale e professionale di Livatino. Essa evidenzia la sua capacità di analisi critica delle normative regionali e la consapevolezza della trasformazione della mafia agraria in un’organizzazione criminale dedita alla speculazione e all’abusivismo edilizio. La pubblicazione è stata promossa dalla Regione Siciliana nell’anno in cui Agrigento è Capitale Italiana della Cultura, un riconoscimento che sottolinea l’importanza della legalità e della cultura del diritto per il riscatto della Sicilia.
Un messaggio di giustizia e integrità
All’interno del volume, è presente una frase inedita di grande impatto che Livatino pronunciò durante l’orazione funebre per il sostituto procuratore aggiunto di Agrigento, Elio Cucchiara, il 12 settembre 1983. Queste parole esprimono chiaramente la sua concezione di giustizia, che non si limita a un’applicazione formale della legge, ma si traduce in un autentico impegno per il bene comune. Livatino distingue tra due categorie di magistrati: quelli che si attengono letteralmente alla legge e quelli che, invece, interpretano la legge come un mezzo per perseguire la giustizia. Questo approccio riflette la sua profonda integrità e dedizione alla professione, facendo di lui un punto di riferimento per le future generazioni di giuristi e operatori della giustizia.