Oggi, 16 settembre 2025, presso la Sala Matteotti della Camera dei Deputati, è stato presentato il docufilm ‘World Without Cows’, realizzato dai giornalisti Michelle Michael e Brandon Whitworth. Questo documentario affronta l’ipotesi di un mondo privo di allevamento e analizza le conseguenze economiche, ambientali e sociali di un tale cambiamento, ponendo interrogativi sulla nostra concezione di sicurezza alimentare. Al termine della proiezione, si è tenuto un dibattito con esperti del settore, tra cui Fabrizio Benzoni, membro della Commissione Attività Produttive della Camera, Caterina Avanza, responsabile agricoltura di Azione, Giuseppe Pulina, professore di Etica e sostenibilità all’Università di Sassari, e Andrea Capitani, General Manager di Alltech Italia.
Il contenuto del docufilm e il suo obiettivo
Il docufilm World Without Cows si propone di rispondere a una domanda cruciale: cosa accadrebbe se l’allevamento venisse interrotto? Prodotto dall’organizzazione americana Planet of Plenty, il film è parte di un’iniziativa di Alltech volta a favorire un’agricoltura sostenibile e un sistema alimentare equo e rigenerativo, con particolare attenzione agli aspetti ambientali, sociali ed economici. Attraverso un’approfondita narrazione e un’analisi rigorosa dei dati, il documentario invita a superare le semplificazioni e i pregiudizi, ponendo al centro del dibattito temi cruciali come la sicurezza alimentare, l’uso del suolo, le emissioni e la circolarità dei sistemi agricoli. Gli autori hanno viaggiato per tre anni in oltre 40 località nel mondo, raccogliendo testimonianze e dati per esplorare il ruolo dei bovini nella salute umana, nella nutrizione, nel clima, nella cultura e nell’economia.
Impatto sull’allevamento in Italia e in Europa
La proiezione di World Without Cows ha offerto l’opportunità di analizzare la situazione del settore zootecnico in Italia e in Europa. Durante l’evento, è emerso che nel 2010 l’Italia produceva il 60% della carne bovina necessaria e importava il restante 40%. Oggi, la situazione è drasticamente cambiata, con la produzione nazionale che copre solo il 40% della domanda interna. Benzoni ha sottolineato l’importanza di comprendere le conseguenze della riduzione degli allevamenti, evidenziando che tra il 1982 e il 2024 il numero di allevamenti in Italia è diminuito del 76%, passando da 500.374 a 121.012. La provincia di Brescia, riconosciuta come la più zootecnica d’Italia, è al centro di questa crisi, e il suo futuro richiede politiche che garantiscano sostenibilità economica e ambientale.
Anche i dati europei presentati da Avanza confermano il trend negativo: tra il 2010 e il 2020, circa 3 milioni di aziende agricole sono scomparse nell’Unione Europea, con una diminuzione della popolazione bovina del 30%. Avanza ha evidenziato la disinformazione che circonda il settore, sottolineando l’importanza di proiezioni scientifiche come World Without Cows per informare le decisioni politiche e garantire la sostenibilità di un settore economico cruciale.
Le sfide globali legate all’allevamento
Andrea Capitani ha messo in evidenza la dimensione globale del fenomeno, affermando che attualmente circa 1 miliardo e 300 milioni di persone dipendono dalle attività di allevamento. Secondo i dati della FAO, si prevede che entro il 2050 la domanda globale di proteine animali aumenterà del 21%. La visione offerta da World Without Cows stimola una riflessione sul ruolo dell’allevamento bovino, le sfide legate alla nutrizione globale e l’impatto ambientale di queste pratiche. Capitani ha invitato a una collaborazione collettiva per il benessere delle generazioni future.
Pulina ha concluso evidenziando che un mondo senza allevamento comporterebbe una diminuzione delle proteine animali, una perdita di biodiversità e un impoverimento dell’identità culturale italiana. Ha sottolineato come l’agricoltura sia l’unico settore in grado di emettere e assorbire gas serra simultaneamente, e ha richiamato l’attenzione sull’importanza delle mandrie nella gestione degli ecosistemi. La scomparsa dei bovini non solo comprometterebbe la biodiversità , ma porterebbe anche a una maggiore dipendenza dalle importazioni di carne, spesso da sistemi con impronte ambientali peggiori.