Sanità: gli specialisti Sin chiedono un nuovo approccio ai disturbi neurologici funzionali

Franco Fogli

Settembre 15, 2025

La diagnosi e la cura dei disturbi neurologici funzionali (Dnf) rappresentano una sfida significativa per molti pazienti in Italia nel 2025. Questi disturbi, che comprendono i disturbi motori funzionali (Fmd) e le crisi psicogene non epilettiche (Pnes), sono spesso accompagnati da sintomi come tremori, paresi e disturbi della marcia. Tuttavia, la mancanza di percorsi clinici formalizzati ostacola l’accesso a trattamenti efficaci, nonostante esistano soluzioni validate scientificamente. La Società Italiana di Neurologia (Sin) ha lanciato un appello per un “cambio di paradigma” nella gestione di queste condizioni.

Necessità di un riconoscimento formale

Il presidente della Sin, Alessandro Padovani, ha sottolineato l’urgenza di un riconoscimento ufficiale dei Dnf all’interno delle patologie del Servizio Sanitario Nazionale. La creazione di percorsi clinici specifici e multidisciplinari è fondamentale per garantire che i pazienti ricevano un’adeguata assistenza. Secondo Padovani, l’assenza di un inquadramento istituzionale costringe i pazienti a navigare in un sistema sanitario che non sa come gestirli, lasciandoli spesso senza supporto.

La richiesta della Sin si basa su evidenze scientifiche e dati epidemiologici solidi, oltre all’esperienza di neurologi che affrontano quotidianamente queste problematiche. Molti pazienti con Dnf si trovano in una situazione di isolamento, poiché i loro sintomi sono frequentemente fraintesi e confusi con disturbi psichiatrici o considerati come simulazioni volontarie. Padovani ha messo in evidenza che è giunto il momento di allineare la realtà scientifica con l’organizzazione del sistema sanitario.

La complessità dei disturbi neurologici funzionali

Michele Tinazzi, professore associato di Neurologia presso l’Università di Verona, ha evidenziato che i Dnf non devono essere considerati come disturbi volontari o esclusivamente psicologici. Le recenti scoperte scientifiche dimostrano che si tratta di disfunzioni neurologiche con basi neurobiologiche concrete. Nonostante l’esistenza di approcci terapeutici validi, la diagnosi di questi disturbi è spesso ritardata, con conseguenze gravi per i pazienti e un aggravio per il sistema sanitario.

Le statistiche mostrano che la diagnosi corretta di un Dnf arriva in media sei anni dopo l’insorgenza dei sintomi, durante i quali i pazienti possono ricevere diagnosi errate e trattamenti inadeguati. Un’indagine condotta presso il Centro Regionale per la Malattia di Parkinson e Disturbi del Movimento dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona ha rivelato che un paziente può generare spese superiori a 13.000 euro prima di ricevere una diagnosi corretta.

Strumenti diagnostici e formazione

Giovanni De Fazio, professore ordinario di Neurologia all’Università degli Studi di Bari, ha evidenziato l’importanza della diagnosi precoce basata su segni clinici positivi e riproducibili. Tuttavia, un’indagine recente ha messo in luce che molti neurologi non utilizzano strumenti diagnostici fondamentali nella pratica quotidiana, in particolare per i Fmd. Al contrario, i segni clinici delle Pnes risultano più familiari, grazie alla tradizione diagnostica legata all’elettroencefalogramma (Eeg).

L’indagine ha rivelato che, sebbene le strategie di comunicazione della diagnosi siano condivise tra le sottospecialità neurologiche, mancano di una struttura adeguata. Gli studi di neuroimaging hanno dimostrato alterazioni in aree cerebrali specifiche, smentendo l’idea che i sintomi siano frutto di simulazione. Gli esperti della Sin hanno sottolineato che i Dnf emergono da un’interazione complessa di fattori biologici, psicologici e sociali.

Il ruolo del medico di medicina generale

Il medico di medicina generale (Mmg) gioca un ruolo cruciale nella gestione dei Dnf. È spesso il primo punto di contatto per i pazienti e ha la responsabilità di sospettare la presenza di un disturbo funzionale, evitando accertamenti non necessari e indirizzando i pazienti verso neurologi esperti. Tuttavia, la scarsa conoscenza del quadro clinico specifico rappresenta ancora una barriera all’identificazione precoce.

Per affrontare questa lacuna, sono stati avviati programmi formativi per i medici di medicina generale, come quello in corso a Verona, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Generale (Simg) e il sindacato dei medici di medicina generale (Fimmg).

Il centro di Verona come modello di riferimento

Il Centro di Verona si distingue come l’unico di terzo livello nel Veneto, dotato di un team multidisciplinare che include neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi. Questo centro rappresenta un punto di riferimento nazionale e internazionale per diagnosi, trattamento e ricerca. Adotta modelli di cura ispirati a pratiche anglosassoni, con un approccio a tre livelli: diagnosi da parte del Mmg e del neurologo generalista, presa in carico riabilitativa da un gruppo esperto e gestione di casi complessi in centri specializzati.

Questa rete assistenziale potrebbe ridurre significativamente i ritardi diagnostici e migliorare gli esiti clinici, con un risparmio stimato per il sistema sanitario regionale di circa 5.500 euro per paziente, se la diagnosi fosse anticipata di almeno quattro anni.

Il riconoscimento dei Dnf e la creazione di una rete assistenziale dedicata sono essenziali per garantire dignità e supporto a migliaia di pazienti che, finora, sono stati trascurati dalla burocrazia sanitaria.

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