Falso allerta virale: il presunto killer di Charlie Kirk non ha un nome ironico

Marianna Ritini

Settembre 11, 2025

Dall’Italia arriva un caso di disinformazione che ha preso piede sui social network, coinvolgendo il nome di un presunto omicida. Il 11 settembre 2025, il nome di Gustavo Lafessa è diventato virale, associato erroneamente all’attentato contro Charlie Kirk, un noto leader conservatore statunitense. La notizia, originata da un gioco di parole all’interno della comunità di Twitter Calcio, ha trovato spazio su piattaforme come Wikipedia in lingua indonesiana e nel sistema di intelligenza artificiale Grok.

Il percorso della disinformazione

La vicenda ha avuto inizio in un angolo di X, precedentemente noto come Twitter, dove gli utenti di Twitter Calcio si divertono a creare nomi fittizi e a diffondere notizie false per mettere alla prova l’attenzione dei media e dei lettori. L’argomento di questa burla è stato Gustavo Lafessa, un nome che, per chi è familiare con il linguaggio colloquiale italiano, risulta facilmente comprensibile. Diversi account social, tra cui influencer americani, hanno rilanciato la notizia, presentando Lafessa come il presunto attentatore di Kirk, ucciso il giorno prima.

Questa notizia infondata è riuscita a guadagnare visibilità, approdando addirittura su Wikipedia in indonesiano. La pagina, che inizialmente riportava informazioni false, è stata successivamente corretta, ma non prima di aver catturato l’attenzione di molti. La diffusione di questo nome ha messo in evidenza come le informazioni possano essere facilmente manipolate e amplificate, specialmente quando provengono da fonti non verificate.

Il ruolo degli influencer e delle piattaforme social

Due influencer americani, con un vasto seguito internazionale, hanno contribuito alla diffusione della notizia, amplificando l’eco della fake news. La situazione è stata documentata su X da Marco Bellandi Giuffrida, il quale ha sottolineato come la disinformazione sia riuscita a penetrare in vari canali, incluso il sistema di Grok, che inizialmente ha riportato Lafessa come possibile autore dell’attentato. Questo episodio mette in luce la vulnerabilità dei modelli di intelligenza artificiale rispetto alla disinformazione, specialmente quando le fonti disponibili sono contaminate da notizie false.

Il caso di Gustavo Lafessa non è isolato. In passato, nomi inventati come Mark Violets, riferito a Marco Violi, erano stati utilizzati per diffondere notizie false riguardanti un attentato a Donald Trump. Anche Violi, vittima di questi scherzi, ha sporto diverse denunce e ha subito attacchi simili dal 2018. La somiglianza tra le due situazioni evidenzia come la disinformazione possa ripetersi nel tempo, sfruttando la credulità degli utenti e la rapidità della diffusione online.

Le conseguenze della disinformazione

Questo episodio solleva interrogativi importanti sul confine tra satira, trolling e disinformazione. La rapidità con cui un nome inventato può trasformarsi in un fatto apparentemente vero a livello internazionale mette in evidenza la necessità di una maggiore attenzione e verifica delle fonti da parte degli utenti. La potenza di amplificazione delle piattaforme social e la facilità con cui le informazioni possono essere condivise richiedono una responsabilità collettiva.

Il caso di Gustavo Lafessa dimostra come gli utenti debbano essere consapevoli delle dinamiche che governano la diffusione delle notizie online. La responsabilità di verificare le informazioni non ricade solo sui giornalisti, ma su tutti coloro che partecipano alla conversazione pubblica. La sfida di distinguere tra verità e finzione diventa sempre più complessa in un’epoca in cui le informazioni viaggiano alla velocità della luce e dove la disinformazione può avere conseguenze reali e tangibili.

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