Durante il Congresso della European Society of Cardiology (ESC) del 2025, che si è tenuto a Madrid, sono stati presentati i risultati dello studio clinico di fase 3 denominato BaxHtn. Questo trial ha esaminato l’efficacia di baxdrostat, un nuovo farmaco, nella riduzione della pressione arteriosa nei pazienti affetti da ipertensione arteriosa resistente o non controllata. I dati emersi indicano una riduzione media della pressione arteriosa di 15,7 mmHg con un dosaggio di 2 mg del farmaco, rispetto al placebo, dopo 12 settimane di trattamento.
Dettagli dello studio Baxhtn
Lo studio ha coinvolto pazienti con ipertensione arteriosa non controllata, i quali sono stati trattati con baxdrostat o un placebo, in aggiunta alla terapia standard. I risultati hanno mostrato una riduzione statisticamente significativa della pressione arteriosa sistolica media in posizione seduta, con un cambiamento di 15,7 mmHg rispetto ai valori iniziali nel gruppo trattato con 2 mg di baxdrostat. Questo risultato è stato confermato da un intervallo di confidenza (IC) del 95%, compreso tra -17,6 e -13,7 mmHg. Per quanto riguarda il dosaggio di 1 mg, la riduzione media è stata di 14,5 mmHg (IC 95%, -16,5 a -12,5).
Il gruppo di controllo, che ha ricevuto il placebo, ha mostrato una riduzione della pressione arteriosa di 5,8 mmHg (IC 95%, -7,9 a -3,8). Questi risultati sono stati coerenti sia nei pazienti con ipertensione non controllata sia in quelli con ipertensione resistente. La nota di AstraZeneca, la casa farmaceutica coinvolta, ha sottolineato come baxdrostat abbia raggiunto tutti gli endpoint primari e secondari, dimostrando un’efficacia duratura nel controllo della pressione arteriosa.
Profilo di sicurezza e tollerabilitÃ
Il farmaco baxdrostat ha mostrato un profilo di sicurezza generalmente positivo, con bassi tassi di iperkaliemia confermata, pari all’1,1% in entrambi i gruppi di dosaggio, rispetto allo 0,0% nel gruppo placebo. La maggior parte degli eventi avversi riportati è risultata lieve, senza evidenze di effetti collaterali inattesi. Lo studio ha anche raggiunto tutti gli endpoint secondari, evidenziando una riduzione della pressione arteriosa diastolica e una maggiore probabilità di raggiungere il target di pressione arteriosa sistolica inferiore a 130 mmHg rispetto al placebo.
In un’analisi esplorativa, baxdrostat ha dimostrato di ridurre significativamente la pressione arteriosa sistolica nel monitoraggio dinamico delle 24 ore, in particolare durante le ore notturne, un indicatore cruciale per il controllo della pressione e la riduzione del rischio cardiovascolare. La riduzione della pressione arteriosa sistolica nelle 24 ore è stata di 16,9 mmHg per il dosaggio di 2 mg, mentre la combinazione dei dosaggi ha portato a una riduzione di 11,7 mmHg della pressione notturna.
Implicazioni cliniche e sviluppo futuro
I risultati del trial BaxHtn rappresentano un significativo passo avanti per il trattamento dell’ipertensione resistente. Secondo il professor Gianfranco Parati, direttore scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano, questi dati offrono una risposta terapeutica di grande rilevanza clinica per una popolazione di pazienti che non riescono a raggiungere i target pressori raccomandati. La riduzione di pressione ottenuta con baxdrostat è associata a un rischio minore di eventi cardiovascolari gravi come infarti e ictus.
Il professor Bryan Williams, della University College London, ha evidenziato come la riduzione della pressione arteriosa sistolica di quasi 10 mmHg rappresenti un risultato significativo, sottolineando il ruolo chiave dell’aldosterone nell’ipertensione resistente. La dott.ssa Sharon Barr, di AstraZeneca, ha aggiunto che l’azienda intende continuare il percorso di approvazione regolatoria per baxdrostat, con l’obiettivo di affrontare le sfide legate all’ipertensione difficile da controllare.
Con circa 1,3 miliardi di persone nel mondo affette da ipertensione, e una prevalenza di circa il 30% in Italia, la ricerca di trattamenti efficaci è fondamentale. Baxdrostat, un inibitore selettivo dell’aldosterone, è attualmente oggetto di studi clinici che coinvolgono oltre 20.000 pazienti a livello globale, con l’intento di migliorare il trattamento dell’ipertensione e delle malattie correlate.