Il film “Il Mago del Cremlino”, presentato in concorso al Festival del Cinema di Venezia nel settembre 2025, si configura come un’opera di profonda denuncia riguardo alla situazione politica contemporanea. Il regista Olivier Assayas sottolinea come l’opera intenda svelare la “cortina fumogena” che avvolge la politica attuale, descritta come cinica e ingannevole. Per interpretare il ruolo di Vladimir Putin, il regista ha scelto Jude Law, invitandolo a incarnare l’essenza del personaggio piuttosto che la sua mera rappresentazione fisica, così da lasciare spazio a ciò che la figura di Putin rappresenta sul piano intellettuale e storico.
Scelte linguistiche e contestualizzazione storica
La decisione di far parlare Jude Law e gli altri personaggi in inglese, piuttosto che in russo, offre una chiara distanza dalla cronaca russa degli anni Novanta fino al 2014. Questo approccio consente di esplorare i nuovi strumenti del potere, come descritto da Giuliano da Empoli, autore del libro da cui il film è tratto. La narrazione si concentra sull’alleanza tra elementi premoderni, come la violenza e la forza brutale, e quelli postmoderni, come il teatro e Internet, per delineare una realtà parallela. L’esperimento, nato in Russia negli anni Novanta, si è diffuso a livello globale, rendendo il tema del film di grande attualità .
Il personaggio di Vadia Baranov e la costruzione del potere
Nel film, Vadia Baranov, un personaggio ispirato all’ideologo del Cremlino Vladislav Surkov, viene interpretato da Paul Dano. Baranov spiega come si sia sviluppato il putinismo e come la Russia sia cambiata con il consolidamento del potere di Putin. La sua storia inizia come studente di teatro durante le festose notti di Mosca negli anni Novanta, per poi trasformarsi in un produttore televisivo di successo e spin doctor del nuovo presidente russo. Contrariamente a quanto rappresentato nel film, Surkov continua a rilasciare interviste, come quella pubblicata alcuni mesi fa su Express in Francia, dove prevede l’espansione continua della Russia e definisce l’Ucraina come un’entità politica artificiale.
Un racconto di eventi storici e mancanze narrative
“Il Mago del Cremlino” si propone di denunciare i nuovi strumenti del potere, raccontando gli eventi che hanno caratterizzato la Russia dal crollo dell’Unione Sovietica fino all’annessione della Crimea e all’operazione nel Donbass nel 2014, di cui Surkov è stato un promotore. Tuttavia, il film presenta una visione monodimensionale, senza dare voce a posizioni alternative, nonostante la presenza di oppositori come l’oligarca Boris Berezovsky e l’ex campione di scacchi Garry Kasparov. La narrativa si concentra su eventi significativi, come la guerra in Cecenia e il naufragio del sottomarino Kursk, ma evita di affrontare le violazioni dei diritti umani e le repressioni che hanno caratterizzato il regime di Putin.
La manipolazione dei media e le strategie di controllo
Il film illustra come il Cremlino abbia esercitato il controllo sui media e come figure come Mikhail Khodorkovsky siano state perseguitate. Viene anche menzionata la Rivoluzione Arancione in Ucraina e le accuse rivolte a Berezovsky per il suo coinvolgimento. La pellicola tocca temi come la fabbrica dei troll di Evgheny Prigozhin, evidenziando come la Russia utilizzi la disinformazione per influenzare le opinioni pubbliche. L’incontro tra Baranov e Berezovsky in un albergo di Londra offre uno spaccato della tensione tra i poteri in gioco, culminando in un riferimento al tragico destino di Aleksandr Litvinenko.
Cooptazione e oppressione dell’opposizione
Il film esplora anche come il regime di Putin abbia cooptato vari gruppi marginali, dai motociclisti ai nostalgici comunisti, per gestire la rabbia popolare e prevenire l’emergere di “rivoluzioni colorate”. Tuttavia, l’opposizione viene presentata in modo superficiale, con un focus limitato sulle figure più significative come Boris Nemtsov e Aleksei Navalny. La rappresentazione delle Pussy Riot e la loro performance nella Cattedrale di Cristo Salvatore evidenziano la repressione culturale, ma il film evita di approfondire le reali dinamiche di resistenza in atto in Russia.
La narrazione si conclude con una riflessione sul potere e sulla sua costruzione, lasciando aperte domande sulle conseguenze delle scelte politiche e culturali che hanno caratterizzato la Russia sotto Putin.
