Francesco Cossiga: il 17 agosto 2010 si spegne il ‘picconatore’, 40 anni dall’elezione al Quirinale

Lorenzo Di Bari

Agosto 17, 2025

Il 24 giugno 1985, Francesco Cossiga venne eletto Presidente della Repubblica Italiana al primo scrutinio, ottenendo 752 voti. Il suo mandato iniziò il 3 luglio dello stesso anno. Oggi, domenica 17 agosto 2025, si commemorano i 15 anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 2010. Cossiga, noto come il “presidente picconatore”, si distinse per le sue forti dichiarazioni che segnarono gli ultimi due anni del suo settennato. Queste esternazioni non furono frutto di un cambio di rotta, ma riflettevano una profonda analisi della situazione politica italiana.

Le intuizioni di Cossiga sulla politica italiana

Nel settembre 2020, il presidente in carica Sergio Mattarella, durante una cerimonia commemorativa, sottolineò come Cossiga avesse compreso con grande acume che la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica avrebbero avuto ripercussioni significative sulla vita politica italiana. Secondo Cossiga, il collasso dell’equilibrio stabilito a Yalta avrebbe messo in discussione le dinamiche politiche italiane, minando le rendite di posizione di chi si era sempre considerato estraneo all’ideologia sconfitta.

Il messaggio che Cossiga inviò al Parlamento il 26 giugno 1991 rappresentò un punto cruciale nella sua visione politica. In esso, egli evidenziò l’urgenza di una “democrazia compiuta e governante”. Cossiga espresse il suo rammarico per il rifiuto del premier di allora, Giulio Andreotti, di sostenere le sue proposte di riforma. La firma del documento da parte del ministro della Giustizia, Claudio Martelli, fu un momento difficile per Cossiga, che si sentì incompreso e isolato.

Il messaggio di fine anno e il legame con il popolo

Nell’ultimo messaggio di fine anno del 31 dicembre 1991, Cossiga manifestò la sua amarezza per la situazione politica. In un breve ma intenso intervento, espresse il suo desiderio di non deludere il popolo italiano, sottolineando l’importanza della sincerità e della schiettezza. Quella gente comune, di cui parlò nel suo discorso di insediamento, rappresentava per lui un punto di riferimento fondamentale per unire passato e futuro. Cossiga affermò che l’Italia si era evoluta grazie alla Costituzione, e che i mutamenti sociali ed economici richiedevano una continuità nei valori e una disponibilità a riformare.

Le sue parole si tradussero in un accorato appello alle Camere nel 1991, dove Cossiga richiese riforme istituzionali e un nuovo approccio alla governance, evidenziando che tali richieste non erano solo politiche, ma civili e morali. Il suo obiettivo era quello di garantire all’Italia un posto di rilievo nel contesto internazionale, in un momento di sfide crescenti.

Le dimissioni e il ruolo di senatore a vita

Il 25 aprile 1992, Cossiga annunciò le sue dimissioni, formalizzate tre giorni dopo, per facilitare un passaggio ordinato tra la decima e l’undicesima legislatura. Questo gesto fu interpretato come un atto di servizio alla Repubblica, volto a garantire un Capo dello Stato “forte politicamente e istituzionalmente”. Nella sua dichiarazione, Cossiga rifletté sui sette anni di presidenza, caratterizzati da sfide significative e cambiamenti storici.

Dopo aver lasciato il Quirinale, Cossiga continuò a influenzare la politica italiana come senatore a vita. Nel maggio del 1994, contribuì alla formazione del primo governo Berlusconi, sostenendo la necessità di un nuovo patto nazionale per rifondare la Repubblica. Quattro anni dopo, nel 1998, fu determinante nella creazione del governo di Massimo D’Alema, il primo ex comunista a ricoprire tale carica.

Cossiga invitò nuovamente a superare le divisioni storiche e a riconoscere la fine della Guerra Fredda, sottolineando l’importanza di un’unità nazionale che andasse oltre le etichette politiche tradizionali. La sua figura rimane un simbolo di un’epoca di transizione per l’Italia, un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio del Paese, come ha ricordato Mattarella nel 2020.

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