“Una testimone dell’incidente di Milano racconta la sua mancanza di giustizia”

Marianna Ritini

Agosto 13, 2025

La testimonianza di Stefania Livoli, una donna di 58 anni residente a Roma, riporta alla luce un tragico evento avvenuto nel 1988, quando fu investita da un’auto rubata. La sua esperienza si intreccia con la recente tragedia di Milano, dove Cecilia De Astis, una pensionata di 71 anni, è stata travolta e uccisa da un veicolo guidato da quattro minorenni. Stefania, che oggi lavora nel campo dell’informazione, ha condiviso la sua storia con l’agenzia AdnKronos, esprimendo una profonda empatia per la vittima e la sua famiglia.

Dinamica dell’incidente

La dinamica dell’incidente che colpì Stefania è sorprendentemente simile a quella che ha portato alla morte di Cecilia. “Quando ho sentito la notizia, il mio cuore si è fermato”, racconta. Il 22 ottobre 1988, Stefania aveva solo 21 anni e si trovava a Roma per ordinare una torta in una pasticceria di via Oderisi da Gubbio. Parcheggiando in seconda fila, entrò per fare l’ordine e, prima di uscire, disse: “Torno dopo a prenderla”. Questo fu l’ultimo ricordo di quel giorno.

Le conseguenze dell’incidente

Uscendo, fu investita da due ragazzi minorenni, di 16 e 14 anni, che avevano rubato l’auto e stavano scappando dopo aver compiuto uno scippo. “Non ho visto nulla, mi hanno raccontato che sono volata più in alto di un camion”, ricorda. Gli esiti dell’incidente furono devastanti: Stefania riportò gravi ferite, tra cui un trauma cranico e fratture multiple. La riabilitazione fu lunga e difficile, e la donna si trovò a dover affrontare la dura realtà di un sistema giudiziario che, a suo avviso, non ha fatto abbastanza per garantire giustizia.

Il processo e le riflessioni

In tribunale, Stefania si trovò di fronte a un giudice che le chiese di riflettere sulla sua denuncia contro i minorenni, suggerendo che avrebbe potuto segnare il loro destino. “Alla fine mollai”, ammette. Un anno dopo, scoprì che uno dei due ragazzi era stato arrestato per un crimine violento. “Non è colpa di un bambino se nasce in un campo nomadi, ma qualcuno deve occuparsene”, afferma, sottolineando la necessità di un intervento educativo.

Un momento di umanità

Stefania ricorda anche un momento di umanità in mezzo alla tragedia: dopo l’incidente, incontrò l’attore Mario Brega, che visse l’incidente da vicino e si mostrò molto colpito dalla sua storia. “Mi tirò a sé e cominciò a piangere”, racconta, evidenziando la solidarietà che ha ricevuto in quel periodo difficile.

Riflessioni sull’educazione

Oggi, Stefania non è d’accordo con chi sostiene che punire i minorenni non sia utile. “L’educazione deve iniziare a casa”, afferma, sottolineando l’importanza di stabilire regole e limiti. Quando le viene chiesto cosa direbbe ai figli di Cecilia, la sua risposta è diretta e toccante: “Non è una disgrazia, è un omicidio”. Stefania riflette sull’impatto duraturo del dolore e della perdita, riconoscendo che per la famiglia di Cecilia la vita non sarà mai più la stessa. “Qualcuno deve prendersi la responsabilità di quanto accaduto”, conclude, richiamando l’attenzione su una questione che merita una riflessione profonda e una risposta adeguata.

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