L’uso delle navi appartenenti alla cosiddetta flotta fantasma, impiegate per eludere le restrizioni sul prezzo del petrolio russo, ha subito un drastico calo nei mesi recenti. Questo dato emerge da un’analisi condotta dal Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), presentata nel documento intitolato “June 2025 – Monthly analysis of Russian fossil fuel exports and sanctions”, pubblicato di recente. Le nuove sanzioni imposte dall’Unione Europea contro queste navi, parte del diciottesimo pacchetto di misure restrittive nei confronti di Mosca, hanno avuto un impatto significativo. Nel frattempo, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe annunciare ulteriori misure contro la flotta, nonostante il vertice imminente con il Presidente russo Vladimir Putin.
Il calo delle esportazioni di petrolio russo
Nel mese di giugno 2025, le esportazioni marittime di petrolio russo hanno raggiunto un totale di 24,8 milioni di tonnellate, registrando una diminuzione del cinque per cento rispetto al mese precedente. Di queste esportazioni, il 56 per cento è stato effettuato da petroliere registrate nei Paesi G7+, con un incremento del sei per cento rispetto a maggio. Questo segna un notevole aumento rispetto a gennaio, quando solo il 36 per cento delle esportazioni era gestito da navi di questo tipo. Anche il settore delle esportazioni di petrolio greggio russo ha mostrato un trend simile, con un incremento della quota di petroliere tradizionali dal 17 per cento di gennaio al 41 per cento di giugno.
Un dato significativo è rappresentato dall’uso delle navi della flotta fantasma, che è sceso dall’83 per cento nel mese di gennaio al 59 per cento a giugno. Questo cambiamento evidenzia l’efficacia delle sanzioni imposte, che hanno costretto molti operatori a cercare alternative più conformi alle normative internazionali.
Le caratteristiche della flotta fantasma
Nel mese di giugno, sono state 453 le petroliere coinvolte nel trasporto di petrolio e prodotti petroliferi russi, di cui 153 appartenenti alla flotta fantasma. Queste navi utilizzano tecniche per eludere il tracciamento, come lo spegnimento del sistema di identificazione automatica (Ais) e il trasferimento di carichi in mare su altre navi per nascondere l’origine del petrolio. Inoltre, molte di queste imbarcazioni cambiano frequentemente bandiera, complicando ulteriormente il monitoraggio delle loro attività . È interessante notare che un terzo di queste navi è in mare da oltre venti anni, sollevando preoccupazioni non solo ambientali, ma anche politiche ed economiche.
Le problematiche ambientali legate a queste navi sono significative, poiché operano senza garanzie adeguate di assicurazione, il che potrebbe portare a costi enormi per i contribuenti in caso di incidenti. Le perdite potenziali sono stimate fino a un miliardo di dollari. Attualmente, circa 400 navi della flotta fantasma sono state colpite da sanzioni imposte da Gran Bretagna, Unione Europea, Stati Uniti e Canada, evidenziando l’intensificazione degli sforzi internazionali per combattere le pratiche illecite nel commercio di petrolio.
