Pompei venne rioccupata dopo la devastazione avvenuta nel 79 d.C.

Franco Fogli

Agosto 6, 2025

Emergono nuove evidenze dal cantiere dell’Insula Meridionalis a Pompei, dove recenti scavi hanno rivelato tracce di vita risalenti al periodo successivo all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Questi ritrovamenti offrono un’illuminante visione sulla rioccupazione della città, avvenuta da parte di sopravvissuti e nuovi arrivati in cerca di un nuovo inizio.

Il contesto storico di Pompei

Pompei, nota per la sua tragica distruzione a causa dell’eruzione del Vesuvio, fu rioccupata da persone che, dopo il disastro, cercavano di ricostruire le proprie vite. Questo fenomeno avvenne non solo grazie ai sopravvissuti che non poterono allontanarsi, ma anche a nuovi arrivati, privi di un posto dove vivere, che si insediarono tra le rovine della città. La situazione era precaria e disorganizzata, con una vita che riaffiorava tra le ceneri fino al V secolo, quando l’area fu definitivamente abbandonata. Queste informazioni sono state confermate da recenti scavi nell’ambito del progetto di “Messa in sicurezza, restauro e consolidamento dell’Insula Meridionalis”.

Nuove scoperte nel cantiere dell’Insula Meridionalis

L’articolo pubblicato nell’E-Journal degli Scavi di Pompei delinea come le testimonianze emerse dai lavori di restauro dimostrino che alcuni individui tornarono a vivere tra le rovine. Le antiche abitazioni, un tempo piene di vita, furono riadattate a nuove funzioni; i piani superiori rimasero inabitati, mentre i piani terra venivano trasformati in scantinati. Qui, i nuovi abitanti allestivano focolari, forni e mulini, dando vita a una nuova comunità in un contesto di grande precarietà.

Le stime degli abitanti di Pompei nel 79 d.C. parlano di circa 20.000 persone, ma il numero di coloro che persero la vita durante l’eruzione è ancora oggetto di dibattito. Circa 1.300 vittime sono state rinvenute dagli scavi iniziati nel 1748, e si stima che la percentuale di morti possa essere intorno al 10%. Molti potrebbero aver cercato rifugio lontano dal centro urbano, mentre altri, pur avendo sopravvissuto, non avevano le risorse per ricominciare altrove, spingendoli a tornare nella città distrutta.

Le condizioni di vita post-eruzione

La vita a Pompei dopo l’eruzione si presentava come un agglomerato di persone che tentavano di ricostruire le loro esistenze in un contesto difficile. La vegetazione, dopo un periodo di desolazione, tornò a prosperare, offrendo non solo un rifugio ma anche la possibilità di scavare nel sottosuolo alla ricerca di oggetti di valore. Tuttavia, il rischio di imbattersi in resti umani era sempre presente, rendendo la situazione ancora più drammatica.

L’imperatore Tito tentò di avviare un processo di rifondazione della città, inviando due ex consoli come curatori per gestire i beni degli abitanti deceduti. Tuttavia, questo sforzo non portò ai risultati sperati, e Pompei non tornò mai a essere il centro vitale che era stato prima del disastro. Le evidenze archeologiche suggeriscono che la città fosse diventata un luogo di vita precaria, privo delle infrastrutture tipiche di un insediamento romano, fino a quando non fu abbandonata definitivamente nel V secolo d.C., probabilmente a causa di un’altra eruzione.

Riflessioni sul passato di Pompei

Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei e co-autore dell’articolo sui recenti ritrovamenti, sottolinea come la memoria collettiva si sia concentrata sull’episodio catastrofico del 79 d.C., trascurando le tracce della rioccupazione. Grazie ai nuovi scavi, si sta delineando un’immagine di Pompei post-eruzione, non più solo come una città, ma come un accampamento, un luogo di vita precaria tra le rovine. Zuchtriegel invita a riflettere su come la storia possa rimuovere o obliterare aspetti significativi, rivelando l’importanza di esplorare e documentare ogni parte di questo passato complesso.

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