Martina Oppelli, una donna di 50 anni originaria di Trieste, ha perso la vita questa mattina in Svizzera, dove ha ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito. La notizia è stata diffusa dall’Associazione Luca Coscioni, che ha seguito il caso di Oppelli, la quale soffriva di sclerosi multipla da oltre venti anni. Durante il suo percorso, è stata accompagnata da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, membri di Soccorso Civile, un’associazione che fornisce supporto a chi desidera porre fine alle proprie sofferenze all’estero. È importante sottolineare che a questo gruppo hanno collaborato anche altre 31 persone, i cui nomi verranno resi noti.
Richiesta di accesso al suicidio assistito
Il 4 giugno 2025, Martina aveva ricevuto il terzo diniego da parte dell’azienda sanitaria Asugi riguardo alla richiesta di accesso al suicidio assistito. Secondo quanto riportato dall’azienda sanitaria, non era sottoposta a trattamenti di sostegno vitale, nonostante la sua totale dipendenza dall’assistenza continua dei caregiver e da dispositivi medici come farmaci, cateteri e macchine per la tosse.
Azione legale e decisione di recarsi in Svizzera
Dopo il terzo rifiuto, il 19 giugno, assistita da un team legale guidato da Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, Martina ha presentato un’opposizione al diniego, accompagnata da una diffida nei confronti dell’azienda sanitaria. A seguito di questa azione legale, è stata avviata una nuova procedura di valutazione da parte della commissione medica. Tuttavia, Martina ha deciso di recarsi in Svizzera per ricevere assistenza nella morte volontaria, poiché non poteva più attendere una risposta: le sue sofferenze erano diventate insopportabili.
Appello per una legge dignitosa
Nella sua ultima comunicazione video, registrata dalla Svizzera, Martina ha lanciato un appello accorato ai parlamentari e ai cittadini, esprimendo il desiderio di una legge che regoli il fine vita in modo dignitoso. Ha ricordato un precedente appello fatto oltre un anno fa, sottolineando che la sua richiesta di una legge sensata è stata ignorata. Ha raccontato delle sue esperienze di vita e delle difficoltà affrontate, evidenziando l’ingiustizia di dover cercare assistenza all’estero per porre fine alle proprie sofferenze.
Frustrazione per i ritardi burocratici
Nel messaggio, Martina ha espresso la sua frustrazione per i ritardi burocratici e la mancanza di attenzione verso la sua situazione, affermando di non voler essere considerata un peso per la società . Ha richiamato l’attenzione su come ogni dolore, anche se personale, meriti rispetto e considerazione. Ha chiesto una legislazione che tenga conto delle necessità di ogni individuo, senza far attendere anni per una decisione.
Desiderio di una fine dignitosa
Martina ha concluso il suo videomessaggio esprimendo il desiderio di una legge che non discrimini nessuna situazione e che permetta a chi soffre di avere una fine dignitosa. La sua storia ha riacceso il dibattito sulla necessità di una regolamentazione del fine vita in Italia, ponendo l’accento sull’importanza di ascoltare le voci di chi vive in condizioni di sofferenza.
