Caso Garlasco: esperti in disaccordo su certezze e incertezze dell’impronta 33

Marianna Ritini

Luglio 26, 2025

La recente riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi ha portato alla luce un elemento chiave: un’impronta di mano rinvenuta su un muro. Questo particolare, definito come una “pistola fumante” dalla Procura di Pavia, è stato presentato come una prova decisiva nel caso che ha visto coinvolto Andrea Sempio, il nuovo indagato, il quale ha disertato l’incontro con i magistrati il 20 maggio 2025. La questione si è infiammata dopo che gli esperti incaricati dalla Procura, guidata dal procuratore capo Fabio Napoleone, hanno presentato le loro conclusioni, seguite da quelle della difesa di Sempio e della famiglia della vittima, e infine da quelle degli esperti scelti da Alberto Stasi, condannato a 16 anni di carcere per l’omicidio della sua fidanzata.

La controversia sull’impronta di Chiara Poggi

L’impronta in questione, nota come “impronta 33”, non è una novità. Già nel 2007, i Ris di Parma avevano prelevato campioni di intonaco dall’impronta, ma i test iniziali avevano escluso la presenza di sangue. L’Obti test, il più sensibile per il rilevamento di sangue umano, aveva infatti dato esito negativo. Nonostante ciò, l’identità della persona che ha lasciato l’impronta è rimasta un mistero irrisolto fino ad oggi. Recentemente, la Procura ha affidato l’analisi a due dattiloscopisti, Giampaolo Iuliano e Nicola Caprioli, i quali hanno attribuito a Sempio l’impronta palmare destra trovata sulle scale, a pochi passi dal corpo della ventiseienne. Secondo le indagini, il presunto killer si sarebbe sporto in avanti toccando il muro, mentre le impronte delle sue scarpe, numero 42, coincidono con quelle di Stasi e sono state rinvenute sulla soglia del gradino zero.

La Procura ha sottolineato che non ci sono prove di sangue sull’impronta 33. Il procuratore Napoleone ha specificato che il colore rosso visibile nella foto è dovuto alla “ninidrina”, un reagente usato per evidenziare le tracce. Inoltre, il procuratore aggiunto Stefano Civardi ha confermato che l’intonaco prelevato non è più disponibile per ulteriori accertamenti biologici, rendendo impossibili nuove analisi. Questa posizione è in contrasto con le affermazioni dei consulenti di Stasi, i quali sostengono che l’impronta fosse imbrattata di sudore e materiale ematico, probabilmente della vittima.

Le posizioni contrapposte dei consulenti

I consulenti di Sempio, Luigi Bisogno e l’ex generale del Ris Luciano Garofano, hanno contestato l’attribuzione dell’impronta a Sempio, affermando che non presenta un numero sufficiente di corrispondenze per una identificazione certa. Secondo loro, l’impronta mostra solo cinque punti caratteristici, insufficienti per un confronto valido. Hanno anche suggerito che le anomalie riscontrate potrebbero essere attribuibili a interferenze murarie piuttosto che a caratteristiche reali delle impronte. Questa posizione è condivisa anche dai consulenti della famiglia Poggi, Calogero Biondi e Dario Redaelli, i quali sostengono che l’impronta 33 non appartiene a Sempio e che è stata prodotta da una mano “in movimento, sudata, magari sporca, ma non insanguinata”.

La situazione rimane complessa, con le parti coinvolte che continuano a esprimere opinioni divergenti. La questione dell’impronta 33, che ha riacceso l’interesse per un caso irrisolto da quasi 18 anni, continua a essere al centro dell’attenzione, in attesa di ulteriori sviluppi da parte della magistratura.