Usa, detenuto in Alligator Alcatraz: “Siamo in gabbia come polli, vogliamo uscire da questo incubo”

Lorenzo Di Bari

Luglio 20, 2025

Gaetano Mirabella Costa, un cittadino siciliano di 45 anni, ha condiviso la sua drammatica esperienza al Tg2, descrivendo le condizioni di detenzione nel centro per migranti noto come Alligator Alcatraz, in Florida. Secondo quanto dichiarato, il numero di persone rinchiuse in una singola gabbia è allarmante: “Siamo in 32 per ogni gabbia, con tre bagni all’aperto, dove tutti possono vedere quello che fai”. Mirabella Costa, residente in Florida da un decennio, ha affermato di non comprendere il motivo della sua detenzione, dichiarando di non aver avuto contatti né con un avvocato né con un giudice. Ha lanciato un appello disperato per liberarsi da quello che definisce un incubo.

La madre di Mirabella Costa ha fornito ulteriori dettagli sulla sua detenzione, raccontando che il figlio è stato condotto nel centro con manette ai polsi e alle caviglie, come un animale. La situazione di Mirabella Costa non è isolata; nel centro è presente anche Fernando Artese, un cittadino italo-argentino di 63 anni. Secondo le informazioni fornite dalla moglie, Artese è stato arrestato a Jupiter il 3 luglio 2025, a causa di un’infrazione stradale mentre cercava di tornare in Argentina. Durante un controllo successivo, è emerso che non era in regola con il permesso di soggiorno, portandolo così al trasferimento nel centro di detenzione gestito dall’ICE.

Condizioni di vita nel centro di detenzione

Le testimonianze di Gaetano Mirabella Costa mettono in luce le difficili condizioni di vita all’interno del centro per migranti. La descrizione di un ambiente affollato e privo di privacy è allarmante. Mirabella Costa ha sottolineato come la situazione sia simile a quella di un pollaio, evidenziando la mancanza di dignità e di diritti fondamentali per i detenuti. La presenza di tre bagni all’aperto per un numero così elevato di persone crea un contesto di disagio e vulnerabilità, dove ogni azione è esposta all’occhio degli altri.

Queste condizioni sollevano interrogativi sulla gestione dei centri di detenzione negli Stati Uniti, in particolare su come venga trattata la popolazione migrante. Le parole di Mirabella Costa e la testimonianza della madre mettono in evidenza l’urgenza di riforme nel sistema di detenzione, affinché vengano rispettati i diritti umani e la dignità delle persone coinvolte. La detenzione prolungata senza contatti legali e senza chiarimenti sullo status migratorio rappresenta una violazione dei diritti fondamentali.

Il caso di Fernando Artese

Il caso di Fernando Artese, detenuto insieme a Mirabella Costa, offre un ulteriore spaccato della situazione nei centri di detenzione. Artese, 63 anni, è stato fermato a causa di un’infrazione stradale mentre tentava di tornare in Argentina. La sua storia evidenzia come anche situazioni apparentemente banali possano trasformarsi in incubi per i migranti. La mancanza di un permesso di soggiorno regolare ha portato al suo trasferimento nel centro di detenzione, dove le condizioni di vita sono critiche.

La testimonianza della moglie di Artese sottolinea la frustrazione e la paura che molti migranti provano. La detenzione, spesso seguita da processi complessi e lunghi, può avere conseguenze devastanti per le famiglie, che si trovano a vivere nell’incertezza e nell’angoscia. La situazione di Artese e Mirabella Costa mette in evidenza la necessità di un approccio più umano nella gestione dei migranti, affinché non vengano trattati come criminali, ma come persone in cerca di un futuro migliore.

Il racconto di questi due uomini, insieme alle testimonianze delle loro famiglie, richiama l’attenzione su una questione di rilevanza globale: il trattamento dei migranti e la necessità di garantire loro diritti e dignità. La questione non riguarda solo gli Stati Uniti, ma è un tema che tocca tanti paesi nel mondo, dove i migranti affrontano sfide simili.

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