Il contesto attuale dell’economia russa è influenzato da una serie di fattori, tra cui le sanzioni imposte dall’Occidente e gli errori strategici commessi. La situazione a Mosca, nel luglio 2025, è il risultato di un conflitto che ha visto l’Ucraina al centro di una guerra prolungata, la quale non è stata risolta con una rapida invasione, ma ha portato a un conflitto duraturo.
Le sanzioni contro la Russia: un’analisi approfondita
Le sanzioni alla Russia hanno raggiunto il loro diciottesimo pacchetto, un susseguirsi di misure che riflettono l’evoluzione della guerra in Ucraina. Nel 2025, si sono registrate tre tranche di sanzioni, seguite da tre nel 2024 e altre tre nel 2023, con un allineamento delle misure anche per la Bielorussia e l’Iran. Dal febbraio 2022, sono state implementate nove tranche, con integrazioni continue. La cronistoria di queste azioni europee evidenzia il tentativo di indebolire la capacità bellica russa, mirando a ridurre le fonti di approvvigionamento economico e di materie prime.
La domanda che ha accompagnato ogni nuovo pacchetto di sanzioni è stata costante: le misure adottate stanno avendo effetto? Per rispondere a questa domanda, è fondamentale analizzare i dati disponibili, tenendo conto della disinformazione diffusa dal Cremlino. Le sanzioni hanno chiaramente complicato la gestione economica della Russia, indebolendo le sue fondamenta e limitando le capacità di un’economia in transizione verso un modello bellico.
Le difficoltà e gli errori nella strategia delle sanzioni
È essenziale considerare i risultati ottenuti, senza trascurare gli errori e i passi falsi commessi. Le misure europee hanno colpito individui, entità e beni, con un focus particolare sull’industria militare e sulle tecnologie. Le restrizioni sui prodotti chimici e i ricambi hanno avuto l’obiettivo di ostacolare il settore bellico, mentre le limitazioni sui servizi portuali e sul sistema bancario miravano a bloccare il flusso di denaro.
Una questione rilevante riguarda i canali attraverso cui la Russia è riuscita ad aggirare parte delle sanzioni, grazie all’assistenza di Stati amici come Cina, Iran e Corea del Nord. I nuovi pacchetti di sanzioni si sono adattati nel tempo, cercando di colpire le reti di connivenze che hanno attenuato l’impatto delle misure dirette.
Inoltre, ci sono stati compromessi tra gli Stati membri dell’Unione Europea, dovuti a veti da parte di Paesi più vicini a Mosca, come l’Ungheria e la Slovacchia. Questi compromessi hanno impedito l’imposizione di sanzioni più severe sul gas e sul petrolio, consentendo così il proseguimento delle forniture verso l’Europa.
Le sfide della disinformazione e il bilancio delle sanzioni
Le sanzioni hanno cercato di limitare anche la disinformazione e la propaganda, ma su questo fronte si è registrato un fallimento significativo. La difficoltà di monitorare i canali di comunicazione e la proliferazione di fake news, alimentate da algoritmi e bot, hanno reso difficile contrastare la narrativa russa.
Analizzando tre anni e mezzo di sanzioni, emerge una conclusione importante: l’obiettivo iniziale di far crollare il regime di Vladimir Putin attraverso le sanzioni non è stato raggiunto. Nonostante le difficoltà economiche, il regime rimane solido e non si è verificato il default che molti avevano previsto. Tuttavia, è evidente che senza le sanzioni, la forza militare russa avrebbe già prevalso sulla resistenza ucraina, evidenziando l’importanza di queste misure nel contesto del conflitto attuale.
