RASSEGNA STAMPA

2 AGOSTO 2000
Jacques Monod, l'uomo che divinizzò il Caso
Trent'anni fa usciva il famoso libro del premio Nobel per la medicina. Un testo che suscitò entusiasmi e critiche.
Studiando le funzioni biologiche arrivò a concludere che la vita è una pura contingenza
Trent'anni fa usciva Il caso e la necessità di Jacques Monod, un libro sulla natura della vita destinato a fare epoca. La biologia molecolare cominciava allora a muovere i primi passi, era stato appena decifrato il codice genetico e tutto quello che si conosceva riguardava quasi esclusivamente il mondo dei batteri.
Ciononostante, si viveva una grande eccitazione per quello che appariva manifestamente come l'inizio di una nuova era: per la prima volta l'uomo si accingeva a comprendere i meccanismi fondamentali della vita. Monod stesso aveva contribuito a inaugurare quest'era, chiarendo alcuni aspetti della regolazione delle funzioni biologiche. Il libro di Monod è in primo luogo un libro di idee. Dietro la facciata di un'opera di divulgazione, Monod propone una particolare concezione della vita, e quindi anche della nostra vita, nei suoi rapporti con il cosmo e con le forze che lo governano, che è largamente condivisa dai biologi molecolari, ma che si presentò allora come una novità per la maggior parte delle persone della strada e come una frustata per molti, moltissimi intellettuali di varie convinzioni. In effetti, Monod stava soltanto portando avanti un discorso già iniziato da Darwin, arricchendolo con informazioni e considerazioni tipiche della propria epoca. Che cosa c'è allora di tanto nuovo e audace nel libro di Monod? Innanzi tutto la lucidità e la consequenzialità delle argomentazioni, e in secondo luogo il coraggio di trarre le logiche conseguenze dalle osservazioni sperimentali che si andavano accumulando. Il tutto illuminato da una grandissima intelligenza e da una notevole inclinazione per le domande di carattere fondamentale: C'è qualcosa di peculiare e di esclusivo nei fenomeni biologici? Per spiegarli, sono necessari principi nuovi e diversi oppure bastano quelli della fisica e della chimica delle molecole? C'è un disegno o un progetto dietro l'origine e l'evoluzione delle forme viventi? Se non un'intenzionalità, si può riscontrare almeno una direzionalità nel processo evolutivo? Esiste un rapporto di necessità fra i fenomeni biologici e ciò che si sa del comportamento delle molecole? Era inevitabile che nascesse la vita? A tutte queste domande Monod rispondeva chiaramente di no. La vita infatti può essere completamente spiegata in termini di chimica-fisica di certi particolari stati della materia, organizzati in certe strutture particolari. Tutti gli organismi, una volta originatisi, si modificano ed evolvono grazie a una continua produzione d'individui varianti all'interno di ogni popolazione e all'azione dell'ambiente circostante - rappresentato dalla natura del terreno, dalle condizioni meteorologiche e dalle specie che vi risiedono - che premia selettivamente alcune classi di individui e ne penalizza altre. Nessun organismo è stato progettato e realizzato in un'unica seduta. E' nato invece dalla sovrapposizione di piani di costruzione messi in atto a più riprese e combinati fra di loro secondo criteri puramente opportunistici.
Il primo e unico scopo è quello di assicurare la continuità di quella data specie o del vivente in generale. Tutto qui, senza tanti fronzoli, recriminazioni o compiacimenti. Si sa però che i fronzoli piacciono molto agli esseri umani, specialmente quando servono a concludere che noi uomini ci troviamo al centro dell'universo e che siamo oggetto di particolari attenzioni. Ma era proprio questo che Monod negava, direi che si negava e che ci negava, ed è questo che non gli fu lasciato passare da più di uno. Fu in effetti un libro molto letto, grazie alla notorietà dell'autore, premio Nobel per la medicina nel 1965, e alla chiarezza con la quale è scritto. Per questa sua vasta diffusione è stato oggetto dei commenti più svariati provenienti dagli ambienti più diversi. In genere si è reagito con sorpresa o quasi con stizza alla sicurezza e alla perentorietà di alcune sue affermazioni, viste essenzialmente come animate da un certo pessimismo e vissute talvolta come oltraggiose e quasi ree di lesa maestà. I più concilianti fra i suoi critici avanzarono l'ipotesi che forse stava esagerando, come capita di solito ai neofiti. Monod non esagerava affatto. Aveva visto giusto. Per chi abbia assimilato la lezione di Darwin e del neodarwinismo, in quest'opera non si riscontrano ulteriori elementi per una visione pessimistica delle cose del mondo, né la caduta di altri dei. Il libro è animato anzi da un grande entusiasmo, da un'immensa fiducia nella potenza della ragione umana, da un calcolato orgoglio e vi si respira perfino un profumo di eroismo. Sì, siamo soli e figli del caso, ma ne abbiamo fatta e ne faremo di strada. Soprattutto saremo in grado di capire sempre di più questo universo che ci circonda, che sostanzialmente ci ignora e che non si lascia comprendere tanto facilmente. Tutto ciò l'abbiamo potuto fare grazie alla nostra complessità, che è poi alla base della nostra libertà, e alla gratuità dei fenomeni biologici. E' soprattutto l'illustrazione del concetto di gratuità che dobbiamo a Monod. Come tra le parole e gli oggetti che queste designano non c'è alcun rapporto di necessità - il cane si poteva chiamare in moltissime maniere diverse ed è infatti chiamato in maniera diversa in ciascuna delle migliaia di lingue oggi esistenti - così le istruzioni biologiche, che sono essenzialmente un messaggio, non sono legate da un rapporto di necessità chimica con le molecole che le custodiscono. Con gli stessi componenti elementari del DNA si possono comporre i messaggi più diversi e proteine simili possono compiere azioni molto diverse negli opportuni contesti. La vita è il regno della contingenza e noi stessi siamo il prodotto di una serie di eventi accidentali che nessuno si rassegna ad accettare come tali. Ma la contingenza è anche la compagna silenziosa della libertà. La visione austera, quasi ascetica, del nostro rapporto con il mondo che Monod ci propone può condurre a una lucida disperazione oppure a un'orgogliosa assunzione di responsabilità. La natura ci mette in grado di raggiungere molti obbiettivi, ma non ci obbliga a farlo, né in un senso né in un altro. Siamo noi che dobbiamo decidere. Tale è in fondo il messaggio centrale di questa grande, grandissima opera di cultura. Messaggio, come si vede, quanto mai attuale.

 

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